Beppe Grillo si è schierato dalla parte del figlio Ciro, accusato assieme a tre suoi amici di stupro di una diciannovenne, avvenuto nel luglio 2019.
“Per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”. Ancora rimbomba nelle nostre orecchie quello che il comico ha urlato con tutte le sue forze. In un video in cui appare in una violenza inaudita si rendono manifeste: l’ignoranza, l’arroganza e la saccenza del suo pensiero. Beppe Grillo difende così il figlio dall’accusa di stupro di una ragazza diciannovenne. Egli ha urlato con tutto il fiato che aveva in corpo:
“Mio figlio è su tutti i giornali come stupratore seriale insieme ad altri 3 ragazzi. Io voglio chiedere veramente perché un gruppo di stupratori seriali non sono stati arrestati, la legge dice che vanno presi, messi in galera e interrogati. Sono liberi da due anni, ce li avrei portati io in galera a calci nel culo. Allora perché non li avete arrestati?”.
Continua poi: “Perché vi siete resi conto che non è vero niente, non c’è stato niente perché chi viene stuprato e fa una denuncia dopo 8 giorni vi è sembrato strano. Se non avete arrestato mio figlio arrestate me perché ci vado io in galera. Allora – perché non li avete arrestati? E poi c’è tutto un video, passaggio per passaggio, in cui si vede che c’è un gruppo che ride, ragazzi di 19 anni che si divertono e ridono in mutande e saltellano con il pisello, così. Perché sono quattro coglioni”.
Tutti avranno potuto notare, con raccapriccio, che nel monologo esasperato del comico genovese c’è un’idea distorta di base della mascolinità. Questa si accompagna all’idea distorta della femminilità. Fa della donna una preda comune e un oggetto di sfogo e, per questo, merita disprezzo tanto da poter subire abusi. Quest’idea, purtroppo, è presente in tanti. Solo nel mese di marzo 2019 la Polizia di Stato ha registrato, in media, ogni 15 minuti una vittima di violenza di genere di sesso femminile, fatta di abusi sessuali, fino alla forma più estrema di violenza.
Questi dati evidenziano le gravi dimensioni del fenomeno che costituisce un rilevante problema di violazione dei diritti umani.
Questa spaventosa pulsione “può essere amplificata dal fatto di essere in gruppo, perché è dimostrato che la moralità individuale tende a dissolversi e il livello di controllo che ciascuno è in grado di esercitare su di sé si riduce sensibilmente”.
Dallo stesso monologo, inoltre, può essere estratta anche un’altra amara riflessione: nella famiglia (fortunatamente non in tutte le famiglie) tutto può essere permesso: nessun paletto i genitori possono porre ai figli nel rispetto della loro pseudo libertà.
In tal senso si può leggere l’espressione di Grillo: “ragazzi di 19 anni che si divertono e ridono in mutande e saltellano con il pisello, così. Perché sono quattro coglioni”.
Per colpa o per irresponsabilità dei genitori, assistiamo al fatto che non sono pochi i ragazzi che cercano sempre la soluzione più facile, a costo di annullare la propria persona, che commettono reati, legandoli a quello che loro individuano come divertimento.
Essi, così, pensano di colmare quei vuoti interiori, per mantenere un ruolo sociale, che non permette di riconoscere l’altro perché non riescono a riconoscere nemmeno se stessi. Li porta a ricercare forme sempre più estreme, difficili da prevedere dal punto di vista preventivo.
Ovviamente non bisogna fare di tutte le erbe un fascio. Volendo però tornare allo stupro di gruppo di cui è accusato il figlio di Beppe Grillo, vogliamo consultare alcune statistiche.
Purtroppo il 16% dei ragazzi si dice d’accordo con l’affermazione secondo cui “una ragazza che subisce violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe in parte è responsabile”. Il 21% ritiene, poi, che “le ragazze possono contribuire a provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire e/o di comportarsi”. Il 75% pensa che “una ragazza possa sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole”.
Per contro, di fronte a vere e proprie molestie o ad apprezzamenti sessuali sgradevoli, come fischi per strada e battute volgari, solo il 36% delle ragazze ha detto di aver reagito in modo deciso per far capire che quel comportamento non era gradito. Il 58% ha fatto finta di niente perché aveva paura della reazione. Il 29%, perché si vergognava. Il 21% perché in fondo non reputa così grave quel tipo di comportamento.
È bene affermarlo: i ragazzi e le ragazze hanno il diritto di vivere la sessualità secondo tempi e modi adatti alla loro maturità. Questo può avvenire solo se possono contare su conoscenze e competenze specifiche, in grado di orientarli e guidarli nelle loro scelte.
L’educazione alla sessualità all’affettività è fondamentale. Essa può prevenire abusi e permettere ai giovani di effettuare scelte che migliorino la qualità della loro vita.