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Covid, vaccino Pfizer sugli adolescenti 12-15 anni

Ema ha dato l’autorizzazione al vaccino in Europa. Le risposte del virologo Giovanni Maga sugli effetti collaterali nei ragazzi.

Via libera al vaccino anti-Covid Pfizer BioNTech sugli adolescenti italiani dai 12 ai 15 anni. È arrivato da Ema, che così ha sciolto una delle riserve più pressanti delle  ultime settimane. Dunque l’Italia segue la linea degli Usa, dopo che Fda (Food and Drug Administration, ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) il 10 maggio scorso aveva detto sì al vaccino Pfizer sui ragazzi. E dopo l’arrivo dell’ok italiano di Ema, sarà Aifa a recepire l’autorizzazione – nell’arco di un paio di giorni – perché non c’è nessun’altra indicazione preferenziale. Così si potrà completare il ciclo su 8,5 milioni di adolescenti italiani nella fascia d’età 12-15 anni.
Rimangono però alcuni dubbi nella mente dei genitori, interrogativi a cui dare una risposta: i vaccini anti-Covid fanno bene o male ai più piccoli? Il beneficio che portano è in grado di compensare eventuali effetti collaterali? E negli adolescenti? Quale impatto ha, se c’è, il vaccino anti-Covid sulla loro crescita? Dubbi che non toccano il virologo Giovanni Maga, direttore del Cnr di Pavia: «Ben vengano i vaccini – sottolinea – specie nelle scuole, perché ce n’è grande bisogno”.

Come vaccinare bimbi e ragazzi contro il Covid

Gli strumenti per vaccinare i più giovani, quindi, da oggi sono a disposizione. «Fino a ieri, l’unico vaccino anti-Covid approvato in Canada e negli Stati Uniti per la fascia d’età 13-15 anni era, appunto, Pfizer – spiega Maga – l’azienda farmaceutica statunitense ha condotto uno studio clinico su 2.260 ragazzini tra 12 e 15 anni, studio che ha dimostrato un’efficacia del 100%: sono stati rilevati 18 casi di infezione tra i minori non vaccinati e zero casi negli altri. Questo risultato cosa prova? Prima di tutto che a quell’età i ragazzi rispondono molto bene al vaccino. Anzi, i bimbi hanno una risposta anche più intensa».
Proprio sulla base di questi dati, la Fda e Canada avevano autorizzato l’uso di Pfizer anche sui minori di 12-15 anni. Ed Ema (Agenzia europea per i medicinali) ora ha dato la propria approvazione per l’utilizzo in Europa.
E i più piccoli? Ma sono i più piccoli a preoccupare. Perché nei loro confronti il binomio «infezione da Covid-vaccino che la elimini» non è molto chiaro. Per questo, sottolinea Maga, «sia Pfizer che Moderna, AstraZeneca e Johnson&Johnson stanno avviando studi sull’impatto dei rispettivi vaccini nei bambini da 6 mesi a 12 anni». Avvertendo: «I dati non saranno disponibili prima dell’autunno, comunque ciò dimostra che anche i produttori di vaccini approvati si stanno muovendo per verificarne l’efficacia e le modalità di utilizzo. Mentre per i ragazzi da 15 a 20 anni, Pfizer ha già detto sì. La campagna vaccinale ora va avanti sui più fragili, ma poi si allargherà anche a questi ultimi».

Le reazioni al vaccino

Il punto da cui partire, comunque, che si tratti di bimbi piccoli, o più grandicelli, o di adolescenti, è capire come reagisca il loro organismo al vaccino. E qui Maga fa una premessa: «Quando nascono, per i primi sei mesi i bambini hanno gli anticorpi della mamma. Quindi, se la madre ha già affrontato il Covid, pure i nascituri avranno gli anticorpi. È importante sottolineare che se la donna contrae il virus durante la gravidanza, c’è più rischio di malattia grave sia per lei che per il figlio. Tuttavia, se si vaccina, gli anticorpi passano al bambino, che così è protetto». Dopo i sei mesi di vita il sistema immunitario inizia a imparare a svilupparsi, e questo processo di cambiamento dura fino ai 12 anni di età. Questo significa, precisa il virologo, che «il sistema impara a riconoscere gli agenti patogeni e a creare le difese e visto che è molto attivo e capace, per questo nei bimbi e negli adolescenti la risposta ai vaccini è più forte e pronta».

L’incognita degli effetti collaterali

Il possibile verificarsi di effetti collaterali del vaccino è il pensiero dominante nella mente dei genitori. In questo caso bisogna distinguere a seconda delle età. «Nei bambini sopra i 12 anni gli effetti collaterali sono del tutto sovrapponibili a quelli di lieve entità che si vedono negli adulti – assicura Maga – qualche linea di febbre e dolore nel punto dell’iniezione. Rispetto al fatto che su fasce d’età differenti – bambini, adolescenti e ragazzi – il vaccino anti-Covid possa incidere diversamente, va precisato che la formulazione da inoculare ai bambini sotto i 5 anni può essere diversa. Ma questo aspetto è ancora in fase di studio. Dai 15 anni in su, invece, la vaccinazione è analoga a quella di un adulto. Per quanto riguarda la capacità di reazione, in età pediatrica e adolescenziale è possibile che sia più intensa, ma è anche un’età in cui si sopporta di più: si sente meno qualche linea di febbre rispetto ai più grandi. I più piccoli come reagiscono? Hanno una percezione diversa del pericolo, del disagio, rispetto agli adulti. Anche se comunque lo avvertono. Essendo organismi anche molto attivi e robusti sotto il profilo della capacità di ripresa, è ovvio che reagiscano meglio».

Sangue freddo, accompagnato dalla consapevolezza che si tratti di sintomi transitori. Sono i due ingredienti necessari per risolvere gli eventuali problemi che possono nascere nei bambini dopo l’iniezione anti-Covid. «La situazione va affrontata con l’utilizzo di farmaci approvati per l’età del bimbo o ragazzo – precisa Maga – per i giovanissimi analgesici e antipiretici in gocce; dai 16 anni in su tachipirina 500. In ogni caso, per entrambi, i sintomi hanno durata più breve che negli adulti».

«Nessun pericolo»

In sostanza, quindi, possiamo escludere pericoli. «In tutte le vaccinazioni pediatriche in uso, obbligatorie e volontarie, non c’è pericolo. Anzi, la vaccinazione serve proprio ad accelerare il sistema di difesa individuale per fare da barriera ai virus», assicura l’esperto. Ma non si corre il rischio di sovraccaricare i bimbi di vaccini? «Questa ipotesi va scartata da subito – aggiunge – perché qualsiasi cosa venga a contatto con il nostro corpo dall’esterno è riconosciuta come antigene (molecola in grado di essere riconosciuta dal sistema immunitario come estranea o potenzialmente pericolosa). Ogni giorno i bimbi vengono esposti a milioni di antigeni. Mentre con i vaccini il loro numero è molto basso: in media150. Potenzialmente il sistema immunitario di un bimbo avrebbe la capacità di reagire a 10mila vaccini e a miliardi di antigeni».

Gli studi clinici

Ma c’è ancora qualcosa da perfezionare prima di passare alle somministrazioni per gli under 12. Gli studi clinici si stanno muovendo in questa direzione, studi che Pfizer ha avviato, seguita a ruota da altre aziende farmaceutiche. «Quello che devono assolutamente accertare, ed è per questo che si sta esaminando l’impatto dei vaccini, riguarda eventuali reazioni avverse degli under 12. Proprio perché il sistema immunitario dei giovanissimi è più reattivo, può generare reazioni diverse: un bimbo non ha l’organismo degli adulti. Mentre dai 18 anni in su – continua Maga – il discorso cambia. In alcune regioni italiane già si stanno vaccinando i ragazzi, compresa una quota di studenti di Medicina tra 20 e 25 anni. Non ci sono elementi che facciano sospettare particolari problemi».

Tempi da rispettare

Infine, sui tempi necessari per arrivare alle prime vaccinazioni, il virologo conclude: «Vista l’autorizzazione di Ema si potrà iniziare a iniettare il vaccino anti-Covid su bambini e adolescenti in tempi diversi: tra i 12 e 15 anni già in estate, per gli under 12, se i tempi sugli studi clinici saranno rispettati, si andrà all’inverno prossimo. E penso che si debba agire direttamente nelle scuole, perché in questo modo si riuscirebbe a garantire la capillarità necessaria e risolvere il problema. Visto che gli studenti sono tutti sul posto, si potrebbe intervenire presto e bene».

About Elisabetta Serra

Studentessa di Beni Culturali e Spettacolo presso l'Università di Cagliari.

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