Marco Peroni progetta soluzioni per rendere sicura la vita su altri pianeti, e una cupola geodetica capace di deflettere le radiazioni.
“Ho progettato soluzioni per abitare sulla Luna e su Marte perché mi piacciono i progetti utopistici. In passato ho lavorato addirittura a soluzioni per il ponte sullo stretto di Messina”: quando risponde al telefono, l’ingegnere civile Marco Peroni è appena rientrato da un cantiere. Per ora, niente insediamenti spaziali, ma una semplice ristrutturazione nel borgo medioevale di Brisighella. Vicino a Faenza, dove vive e lavora, e di cui parla tuttavia con lo stesso entusiasmo. Si sente che ama il suo lavoro, ma si capisce anche che gli va stretto.
E che ama le sfide: non solo il ponte sullo stretto è stata la sua tesi di laurea, ma anche dal 2016 studia sistemi per rendere più sicura e confortevole la vita sulla superficie di altri pianeti. Per esempio, una cupola di vetro e acciaio da 100 metri di diametro, attraversata da corrente ad altissimo voltaggio per creare un campo magnetico artificiale che defletta le radiazioni cosmiche, da costruire intorno a un insediamento spaziale per proteggere gli astronauti.
Come funziona la cupola anti-radiazioni
“Sugli elementi di metallo della struttura, lungo i meridiani di una sfera ideale, sono presenti cavi elettrici superconduttori disposti a forma di toroide. Una volta alimentati, generano un campo magnetico – ha spiegato a Italian Tech – questo all’esterno deflette le radiazioni, ma all’interno risulta nullo, evitando rischi per la salute degli essere umani”. Più o meno è lo stesso meccanismo con cui il campo magnetico terrestre ci protegge dalle radiazioni cosmiche e con il medesimo, grande vantaggio. Una volta realizzato, consentirebbe agli astronauti di vivere in superficie. “Insediamenti in cui passeggiare e da cui godersi la vista su Marte”, invece che diversi metri sotto terra o nelle caverne, dove si collocherebbero praticamente tutti i moduli abitativi spaziali ipotizzati sinora.
Dunque, quella proposta dall’ingegner Peroni è una soluzione che lui stesso definisce “tutto sommato semplice, almeno sulla carta” a un problema complesso che sembra dovremo affrontare nei prossimi decenni: come abitare lo Spazio in un modo che sia confortevole e compatibile con la salute (anche mentale) degli astronauti.
“Prima o poi andremo su Marte e farsi 9 mesi di viaggio in astronave per arrivare su un pianeta dove poi si vive almeno 2 anni sotto terra può essere psicologicamente insostenibile. Visto che non accadrà molto presto, c’è modo e tempo per proporre soluzioni ingegneristiche basate su tecnologie esistenti”.
E per risolvere problemi non banali, come la produzione dell’energia necessaria a generare il campo magnetico intorno alla cupola, che per il solo progetto di Marte richiederebbe una centrale nucleare da 90 gigawatt (o l’equivalente in pannelli solari).