A Cagliari, in cima al colle di Tuvixeddu, sopravvive Villa Mulas-Mameli. Abbandonata dai suoi proprietari del passato, occupata dai ratti e dalle cornacchie, divide i suoi spazi con i senzatetto.
Sul finire del 1800, quando Villa Mulas sorse sui resti di un’antica fattoria, era bellissima: divani di pelle, quadri e opere d’arte. Tre caminetti per scaldare gli ambienti, coperture di legno solido e profumato: il ginepro.
E poi i suoi pavimenti con le splendide mattonelle colorate, altre ancora fatte a mano. E che celavano, allora come oggi, tanti segreti.
L’INGRESSO della Villa è situato in fondo a un viale alberato che risale la collina dei punici, cosiddetta perché gli antichi vi scavarono le tombe delle loro necropoli. Un tempo questo viale alberato sconosciuto ai più, era accessibile da via Maglias. Veniva percorso solo dai proprietari della casa sul colle, che – dato il tragitto lungo e tortuoso – usavano un bel calesse.
La dimora della famiglia Mulas, ma ancor prima dei Massa, i preesistenti proprietari, era articolata su due livelli.
NEL PIANO TERRA la cucina, la sala da pranzo, la dispensa, una camera per la servitù. E poi due porte che consentivano di uscire sul retro della casa, occupato da un grande giardino. Al primo piano troviamo, invece, la zona notte, con le camere da letto, un ampio bagno, un salotto ed una seconda stanza da letto.
Oggi sul cocuzzolo della collina, regna il silenzio. A interromperlo, il rumore di un pezzetto di vetro precipitato, forse sospinto dal vento, dalle finestre sgangherate, prese a sassate dai teppisti.
Al calar della sera però, quando i pini e i cipressi proiettano le loro ombre sulla facciata della casa, la quiete che diventa ancor più surreale, viene interrotta dal verso di un barbagianni. Anche lui ha scelto questo luogo per stabilirsi, per andare a rifugiarsi nella torretta che svetta accanto alla facciata Liberty.
Ci troviamo come sul tetto di Cagliari. Un tetto di roccia, che sovrasta terrazze monumentali, un tempo adibite a giardimo pensile. Si odono appena le auto, in lontananza, sui circostanti versanti del colle: via Maglias, Vittorio Veneto, viale Sant’Avendrace.
LA VILLA divenne la proprietà della famiglia Mulas che gestì le attività estrattive delle circostanti cave da calce. Poi cedute alla Italcementi.
In mezzo alla vegetazione collinare, tutt’attorno all’edificio, si notano i segni dell’estrazione della roccia calcarea. Ed anche i ruderi di una fornace con dei ferri che, inquietanti, spuntano pericolosamente dal terreno.
Oggi i fenicotteri rosa che si spostano in volo dallo stagno di Molentargius alla Laguna di Santa Gilla, passano sulla nostra testa.
Chissà se questo spettacolo era apprezzabile nel 1800 e nel 1900, quando la villa visse i suoi antichi fasti.
Ma cosa ci volete fare. Oramai la vedete priva di infissi. Depredata dai ladri e occupata sporadicamente dai senzatetto. I suoi ambienti mettono i brividi.
Sotto al giardino, disposto su ampie terrazze a loro volta costruite su almeno tre livelli, tonnellate di terra ricoprono sepolcri vecchi di millenni. Ed anche le cisterne d’acqua sotterranee.