Un Regolamento nato, dopo gli scandali digitali, per tutelare maggiormente la privacy dei cittadini
Il Regolamento generale per la Protezione dei dati (Gdpr) nasce, tre anni fa, dall’esigenza di proteggere in modo più efficacie i nostri dati personali. Gli scandali che si sono susseguiti nei decenni scorsi, il più famoso di tutti il caso Cambridge Analytica, hanno mostrato tutta la fragilità della legislazione vigente all’epoca.
Dopo tre anni è arrivato il momento di tirare le somme, e valutare l’impatto che il nuovo Regolamento ha avuto nelle nostre vite. Possiamo suddividere gli effetti del nuovo Gdpr in due grandi macro-categorie, la prima categoria attiene alla prevenzione, ossia alla reale capacità nel prevenire il danno prima che esso si manifesti, la seconda, attiene alla capacità di punire l’abuso commesso.
Il Gdpr, nato per prevenire ma efficacie anche nel punire
Nella prevenzione del danno, casi come quello del Green Pass hanno mostrato come oggi il Garante per la protezione dei dati personali sia molto più incline all’intervento preventivo. Il nuovo Gdpr, infatti, pone un obbligo di consultazione del Garante per temi che possano ledere il diritto alla privacy del cittadino.
Inoltre il Garante, una volta consultato, può fornire utili accorgimenti perché il provvedimento rispetti gli standard europei. Per quanto riguarda la punizione dell’abuso, possiamo senz’altro sottolineare come la nuova normativa abbia rispettato, e forse superato, le previsioni inziali.
Le multe pagate in Francia da Google, si parla di un totale di 100 milioni di euro, e iniziative come la “Black List” della Commissione Europea, volte a punire società con un eccessivo potere di mercato, mostrano come il Gdpr Europeo permetta un contrasto più che efficacie degli abusi.
Ma forse uno dei casi più emblematici è quello del sistema “Sari Realtime“.
Quell’eterna sfida tra privacy e sicurezza
Fin dal famoso “Patriot Act” Americano, si assiste a una continua sfida tra la tutela della privacy e la prevenzione di eventi criminali. Paradossalmente, in questo caso vengono a scontrarsi due distinti diritti, il diritto alla tutela della privacy appunto e il diritto alla sicurezza.
Anche il Regolamento generale per la Protezione dei dati è intervenuto in questo scivoloso campo, andando a bloccare l’iniziativa “Sari Realtime”. L’iniziativa, italiana, prevedeva l’utilizzo delle videocamere di sicurezza, dotate di riconoscimento facciale, per contrastare possibili eventi criminali.
Il problema nasceva dalla possibilità dell’evoluzione da controllo individuale a controllo di massa. Non vi era certezza che anche il più onesto dei cittadini non potesse essere oggetto di “screening” da parte del sistema. Inoltre, non potevano essere esclusi eventuali errori nell’identificazione del “criminale”.
In via conclusiva possiamo dire che il nuovo Regolamento sia stato efficacie. A volte anche troppo efficacie, a seconda delle opinioni, e abbia fornito nuovi strumenti per affrontare un diritto, recente, ma quanto mai essenziale nel 2021.