L’Università di Ferrara studia un nuovo sistema per riparare il DNA che causa la forma più grave di Talassemia Sebis. Lo studio è ancora in fase sperimentale, ma sembrerebbe essere la strada giusta
Arrivano buone notizie dalla ricerca universitaria di Ferrara. La terapia genica è l’arma con la quale si può sconfiggere la talassemia. Si tratta di una malattia che nella nostra isola ha una alta incidenza. L’ultima prova arriva grazie a un team di scienziati dell’Università di Ferrara. Gli studiosi si sono posti come obiettivo quello di riparare la mutazione genetica che causa una forma “beta” di talassemia. Questa è una delle forme più gravi e diffuse nel Mediterraneo, sostengono i ricercatori.
Il risultato ottenuto in laboratorio grazie alla tecnica di ingegneria genetica “Crispr-Cas9” è una sorta di “taglia e cuci” del Dna oggetto anche del Nobel per la Chimica 2020. Rispetto ad altri approcci simili basati sulla tecnica Crispr, che permette di correggere in maniera mirata una sequenza di Dna, il team ha corretto un gene particolare, la beta 039, «la forma di mutazione più grave e diffusa del gene beta-globinico» spiega Alessia Finotti, coordinatrice dello studio pubblicato sulla rivista Molecolar therapy methods & Clinical development. 3
Il processo genetico
La Crispr-Cas9 prevede il “taglio” del gene nel punto in cui è presente l’error. Successivamente il Dna permette di attivare i naturali meccanismi di riparazione della cellula grazie all’aggiunta di alcune molecole che forniscono la sequenza corretta. Il risultato del team è ora in fase sperimentale su campioni di cellule precursori dei globuli rossi ottenute da otto pazienti beta talassemici, il prossimo step sarà ottenere in vitro lo stesso risultato su cellule staminali ematopoietiche, che poi potranno effettivamente essere trasferite nella sperimentazione clinica sull’uomo.
In calo significativo rispetto all’inizio del secolo, quando erano 1300-1400, e con aspettative di vita decisamente differenti per qualità e durata. Impressionante il numero dei portatori sani presenti in Sardegna: sono ben 300mila, quasi un sardo su 5 deve tenere presente i rischi nel concepimento di una nuova vita insieme a un’altra persona portatrice sana.