L’inquinamento del mare da plastica è una delle emergenze ambientali più gravi dell’epoca moderna. Possiamo definire l’inquinamento da plastica un problema globale, tanto che le Nazioni Unite hanno inserito la tutela dei mari tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
I dati ci dicono che ogni anno 8 milioni di tonellate di plastica finiscono in mare, danneggiando l’ecosistema marino, risalendo la catena alimentare. Lo stato di malessere in cui versa il nostro mare é cosi grave che entro il 2050, il 99% degli ucceli marini avrà ingerito plastica. La plastica che finisce nei mari é frutto quasi esclusivo dei consumi umani ma come stiamo agendo in concreto per invertire la rotta, abbiamo ancora tempo?
Andrea De Lucia dottore in Ecologia e Gestione delle Risorse Biologiche. Attualmente è responsabile del gruppo “Ecologia Marina e Conservazione” presso l’IAMC-CNR di Oristano.
Nel Mediterraneo non esistono vere e proprie isole di plastica, ma la situazione non è affatto rosea. Il nostro mare è la sesta grande zona per inquinamento da plastica al mondo. I numeri descrivono una vera emergenza: la plastica rappresenta il 95% dei rifiuti nel Mediterraneo e proviene principalmente da Turchia, Spagna, Italia, Egitto e Francia. Nel complesso l’Europa, secondo maggiore produttore di plastica al mondo dopo la Cina, riversa in mare ogni anno tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e 130 mila tonnellate di microplastiche. Il Mar Mediterraneo rappresenta l’1% delle acque ma contiene il 7% delle microplastiche marine a livello mondiale.
Da anni si occupa di conservazione e gestione della fauna ittica ed è responsabile scientifico del Centro di Recupero delle tartarughe marine ad Oristano (CReS) con il coinvolgimento della RAS e delle AMP in una Rete Regionale. Ha partecipato a diversi progetti europei per lo studio delle Aree Marine Protette (EMPAFISH, AMPAMED, MAPUCHE) occupandosi dello studio di indicatori comportamentali nella fauna ittica per la quantificazione dell’Effetto Riserva.