Bere caffé può avere un effetto protettivo contro le malattie epatiche croniche, compreso il cancro. E’ quanto emerge da uno studio britannico dell’Università di Southampton, pubblicato sulla rivista BMC Public Health. Con tre tazze al giorno -20% probabilità di svilupparle
Contemporaneamente allo studio sugli effetti del caffé, è emerso che le malattie del fegato sono in aumento. Soprattutto la cosiddetta malattia del fegato grasso. Questa è caratterizzata dall’accumulo di grasso nel fegato con noti fattori di rischio come il diabete (DM2) e l’obesità. La steatosi epatica non alcolica può progredire gravemente fino alla fibrosi, alla cirrosi o persino al cancro del fegato (carcinoma epatocellulare).
Alcuni studi hanno suggerito un relativo effetto protettivo del caffè contro il rischio di malattie croniche del fegato, dopo aver osservato che i consumatori regolari hanno meno marcatori (enzimi) che indicano una funzione epatica problematica.
Il team dell’Università di Southampton ha approfondito l’argomento analizzato i dati di mezzo milione di persone, di età compresa tra 40 e 69 anni, seguiti per un periodo medio di 10 anni. Il loro consumo abituale di caffè era noto, mentre ai ricercatori è stato dato accesso alle loro cartelle cliniche.
Lo studio
Il risultato dell’analisi mostra che, rispetto ai non consumatori, i bevitori giornalieri di caffè hanno un rischio significativamente ridotto (-20%) di sviluppare malattie croniche del fegato, che si tratti di una malattia del fegato grasso non alcolica o di un cancro.
L’associazione si osserva indipendentemente dal tipo di caffè, con o senza caffeina, solubile o macinato. Per quanto riguarda la quantità, sembrerebbe che tre tazze al giorno siano una buona dose. I ricercatori attribuiscono questo effetto benefico all’azione combinata di molecole nel caffè, tra cui kahweol e cafestol.
Il caffè da solo non fa miracoli, in quanto queste malattie del fegato sono associate ad altri parametri determinanti dello stile di vita, in particolare la dieta (troppi grassi, troppo zucchero). Tuttavia, è possibile che con comportamenti equivalenti il caffè faccia la differenza.