Non tutto il cosiddetto colesterolo cattivo sarebbe ugualmente temibile. Ora il pericolo per le arterie si chiama ‘nuovo colesterolo cattivo’, ovvero Lipoproteina (a).
Scoperta più di 50 anni fa. Strutturalmente simile alle Low Density Lipoproteine (Ldl) e sintetizzata dal fegato, è una lipoproteina a bassa-densità associata a un’apolipoproteina (a). Per questo motivo responsabile del trasporto del colesterolo nel sangue.
La Lp(a), se presenta livelli elevati (>30 mg/dL), contribuisce ad aumentare il rischio complessivo per una persona di sviluppare patologie aterosclerotiche come coronaropatia e ictus. Non a caso è sotto i riflettori dell’European Atherosclerosis Society (Eas). La Lp(a) infatti promuove l’accumulo di Ldl sulla parete dei vasi sanguigni, favorendo così la formazione di placche aterosclerotiche. Le placche possono portare al restringimento dei vasi sanguigni e al conseguente blocco del flusso ematico. Ciò può aumentare la probabilità di incorrere in numerosi problemi, incluso l’attacco cardiaco e l’ictus.
Non solo. Studi hanno mostrato che livelli elevati di Lp(a) sono associati a un alto rischio di malattia coronarica e stenosi valvolare aortica; inoltre, persone affette da ipercolesterolemia familiare (Fh) presentano livelli plasmatici di Lp(a) aumentati rispetto a coloro che non soffrono di ipercolesterolemia familiare. Al contrario, invece, bassi livelli geneticamente determinati di Lp(a) [<30 mg/L – (<75 nmol/L)] sono associati a ridotto rischio cardiovascolare.
Tuttavia, la Lp(a) non risponde alla terapia standard per la diminuzione delle Ldl, come la dieta sana, l’esercizio fisico o l’assunzione di statine. Attualmente non esistono farmaci approvati per ridurre specificatamente i livelli plasmatici di Lp(a), ma evidenze emergenti stanno riaccendendo l’interesse per la particella lipoproteica.