E’ tempo per una grande politica nazionale tesa a battere il fallimento formativo in Italia. L’obiettivo è battere la cosidetta dispersione scolastica. Questo signica occuparsi bene del nostro oggi e guardare lontano. Non si tratta solo di trovare soluzione a un problema del nostro sistema scolastico, ma di puntare alla crescita dell’Italia in un’ottica di equità.
La dispersione non è un epifenomeno marginale, per quanto numericamente significativo; non è solo una disfunzione della scuola; per il sistema di istruzione e formazione non è un problema, è il problema. Ma, ancora di più, la dispersione è causa e insieme conseguenza di mancata crescita e, al contempo, di deficit democratico nei meccanismi di mobilità sociale del nostro Paese ed è l’indicatore di una deficienza del nostro sistema in termini di equità.
La conseguenza della dispersione non è solo la perdita delle opportunità che derivano dal compimento della scuola. Infatti, la caduta di tali opportunità, comporta dei fortissimi rischi per ciascuna delle persone in crescita interessate. Inoltre, condanna all’emarginazione sociale una fetta della popolazione all’avvio della vita con rischi multidimensionali in termini di minore aspettativa di vita.
Maggiore è la possibilità di contrarre malattie; di cadere in dipendenze da alcool e sostanze psicotrope; delinquere, di essere precocemente messo fuori o ai margini del mercato del lavoro; di conoscere la povertà precoce e di non uscire dalla povertà per l’intera vita; di non partecipare alle comuni decisioni e all’esercizio dei diritti democratici.
Fattore di rischio
Se per le persone si tratta di un rischio, in termini di mancata cittadinanza e di possibilità di una vita dignitosa, il perdurare del fallimento formativo di massa comporta una perdita economica per l’intero Paese in termini di PIL e di coesione territoriale e sociale.
Rappresenta un abbassamento del livello culturale dell’intera società. Produce una maggiore spesa pubblica per sanità, sicurezza e per spesa sociale dedicata alle diverse età della vita. Genera marginalità e conflitto sociale. Condiziona negativamente la partecipazione democratica di tutti.
Occorre, insomma, un sistema di coerenze politiche che faccia capo al Governo, con l’accordo pieno di regioni e comuni e il forte controllo del Parlamento. Non una nuova legge o un set di misure ulteriori ma una regia politica seria fondata su un patto nazionale condiviso.
Serve riconoscere ciò che già funziona, sostenendo la prospettiva di un consolidamento delle buone pratiche, evitare di dar seguito e di finanziare cose inutili. Coordinare le tante buone misure e azioni nazionali; regionali e locali; prospetti policies e operatività differenziate secondo diversi contesti; analizzare problemi e fenomeni.