Esperti a confronto su priorità piani e politiche di contrasto alle patologie cardiovascolari
‘Emergenza cuore’ nel mondo. Dopo un calo della mortalità negli ultimi decenni, i numeri delle malattie cardiovascolari sono di nuovo in aumento, invertendo anni di progresso sia sul fronte delle cardiopatie ischemiche sia su quello delle malattie cerebrovascolari. E le previsioni sono allarmanti. I morti per cause cardiovascolari raggiungeranno nel 2030 la cifra di 24 milioni di morti all’anno. In altre parole, circa 66.000 decessi al giorno. È come se ogni giorno scomparisse una città come Massa o Trapani. Un aumento da oggi al 2030 pari al 34%. Dunque, oggi più che mai, la prevenzione cardiovascolare è fondamentale. Da qui, nella Giornata mondiale del Cuore, l’appello per arginare questa nuova emergenza.
Ripensare le strategie di contrasto alle patologie cardiovascolari (Cvd) nel post-Covid, condividendo proposte e priorità per recuperare il ritardo causato dall’emergenza e considerando il territorio quale attuatore di politiche sanitarie efficaci: è l’obiettivo urgente che ha riunito oggi per la prima volta rappresentanti delle società scientifiche, dei pazienti ed esponenti della società civile, insieme ad istituzioni e settore privato, all’evento “Nuove strategie di prevenzione cardiovascolare nel post-pandemia: la sfida parte dal territorio“, organizzato da Novartis Italia e patrocinato da Health City Institute.
Gli effetti del Covid
In questo anno e mezzo – si legge in una nota – la pandemia Covid ha ridotto le prestazioni ai pazienti cardiovascolari, l’attività diagnostica preventiva e fatto aumentare la mortalità in questa popolazione. Si è assistito ad una riduzione tra il 50 e l’85% dell’attività chirurgica; del 55% degli interventi di cardiochirurgia, del 75% degli ecocardiogrammi trans esofagei e delle diagnostiche per cardiopatia ischemica; del 10% di nuove diagnosi di scompenso cardiaco e del 30% di invio allo specialista; infine, ad un aumento del 20% della mortalità cardiovascolare e di quella generale.
Eppure – si sottolinea – una delle recenti raccomandazioni dell’Italian Urban Health Declaration, promossa dall’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) e Health City Institute, ai Governi dei Paesi del G20, è stata quella di un impegno concreto a ridurre entro il 2030 del 25% la mortalità prematura da malattie non trasmissibili, tra cui le Cvd sono quelle con maggiore mortalità. Un obiettivo di prevenzione e controllo confermato nella dichiarazione finale dei ministri al G20 Salute lo scorso 12 settembre. Ma alla luce della situazione pandemica, l’obiettivo rischia di essere seriamente messo in discussione.
Azioni concrete contro il rischio
C’è un ritardo da recuperare ed una situazione complessiva non ignorabile – avvertono gli esperti – che vede sommarsi più emergenze poiché il Covid-19 ha interrotto drasticamente le cure ambulatoriali e i percorsi diagnostico-terapeutici di molte altre patologie, come quelle cardiovascolari. Una corsa contro il tempo che necessita dello sviluppo di azioni concrete in diversi ambiti. Da quello educativo e culturale, a quello organizzativo, per coordinare azioni tra mondo accademico, scientifico e politico. Da dove partire? Dalle città e dalle aree urbane: si stima che nel 2050 la percentuale di persone che abiterà nelle città arriverà al 74%. L’Oms stima che il 63% della mortalità globale, sia dovuto a malattie non trasmissibili. Buona parte di questi decessi è attribuibile a rischi legati all’urbanizzazione e alla crescente sedentarietà.
“Le principali patologie croniche e non trasmissibili, prime fra tutte le Cvd, sono un problema urbano legato ai maggiori livelli di urbanizzazione, all’invecchiamento della popolazione e agli stili di vita meno sani”, sottolinea Andrea Lenzi, presidente Health City Institute. “Il ruolo delle città nella promozione della salute, quindi, sarà fondamentale nei prossimi decenni e la lotta alle patologie cardiovascolari rappresenta un’opportunità per promuovere la creazione di una rete di collaborazione tra soggetti diversi e lo sviluppo di programmi di prevenzione e gestione della cronicità che tengano conto del controllo dei fattori di rischio Cvd, come l’ipertensione e l’ipercolesterolemia, dell’assistenza sanitaria primaria e secondaria, dell’innovazione”.
Futuro libero da malattie cardiovascolari
Un invito dunque a istituzioni, mondo sanitario, accademico e privato a definire un indirizzo comune e ad impegnarsi per un futuro libero dalle Cvd, agendo con urgenza per disporre piani e politiche finalizzate a migliorare la salute e la qualità della vita delle persone e garantire allo stesso tempo la sostenibilità e l’efficienza dei sistemi sociosanitari ed assistenziali nel lungo periodo e su larga scala.
“Le malattie cardiovascolari rappresentano un banco di prova importante per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Come Novartis siamo impegnati ad individuare soluzioni che possano generare un impatto su larga scala come le malattie cardiovascolari richiedono, a beneficio della popolazione”. Questo il commento di Gaia Panina, Chief Scientific Officer di Novartis Italia. “Vogliamo disegnare un nuovo approccio a queste patologie, che contribuisca ad arginare l’emergenza che la società sta affrontando in questo momento. Ma intendiamo anche rafforzare i sistemi sanitari per le sfide che si proporranno nel futuro. E in questo siamo al fianco delle Società scientifiche, delle associazioni dei pazienti ma anche delle Istituzioni”.
Call to action: come arginare il rischio delle malattie del cuore
Dinanzi alla consapevolezza che la gestione delle complicanze cardiovascolari possa diventare la più grande crisi sanitaria per il sistema sanitario dopo il Covid-19 Health City Institute lancia un messaggio di invito ad agire con urgenza per disporre piani e politiche nazionali in grado di alterare la traiettoria delle Cv, suggerendo alcune priorità: strutturare modelli di medicina di iniziativa, per una presa in carico più proattiva dei pazienti cronici; ripensare un modello assistenziale orientato verso un’offerta territoriale integrata con i servizi sociali, prevedendo percorsi codificati e condivisi con i cittadini e puntando sulla prossimità; rendere omogeneo l’accesso alle cure, anche innovative, ai pazienti su tutto il territorio nazionale; ripristinare l’attenzione dei cittadini verso la propria salute del cuore perché diventino parte attiva del percorso di prevenzione e cura.
Su questi punti si sono confrontati nel corso dell’evento diversi attori. Le società scientifiche Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco), Società italiana di Cardiologia (Sic), Società italiana per la prevenzione cardiovascolare (Siprec), Società italiana per lo studio dell’Aterosclerosi (Sisa), l’Associazione italiana scompensati cardiaci (Aisc), la Fondazione Italiana per il Cuore e Gip-Fh – Gruppo italiano pazienti per l’ipercolesterolemia familiare, Cittadinanzattiva e il settore privato.