Andrea Bosca interpreta Cesare Pavese: un viaggio nell’Italia del Novecento tra le macerie della guerra con “La luna e i falò”.
In cartellone venerdì 10 e sabato 11 dicembre alle 21 e domenica 12 dicembre alle 19.30 nella Sala Eleonora d’Arborea in via Falzarego n. 35 a Cagliari nell’allestimento di BAM Teatro con la regia di Paolo Briguglia.
Si tratta di un originale e felice trasposizione teatrale del romanzo sul ritorno a casa di Anguilla.
Anguilla è un trovatello cresciuto da Virgilia e Padrino sulla spinta della miseria, e infatti «su queste colline c’erano dei dannati che per vendere uno scudo d’argento si caricavano un bastardo dell’ospedale».
Sulla falsariga dell’ultimo romanzo di Cesare Pavese – figura di spicco della cultura italiana del ventesimo secolo -, Andrea Bosca riscopre una pagina fondamentale della storia recente; storia in cui hanno origine gli scontri ideologici e politici che poi sfoceranno nella stagione delle lotte operaie e nella rivoluzione del maggio ’68.
Una pièce raffinata e coinvolgente per un affresco del Belpaese nel dopoguerra attraverso lo sguardo di un uomo ormai adulto che si confronta con il passato. Davanti a lui quel che resta di una comunità duramente colpita dal conflitto, immersa in uno scenario apparentemente immutabile e fuori dal tempo, affascinante e quasi magico.
“La luna e i falò” – produzione della compagnia di produzione cagliaritana BAM Teatro – «parla di quel ritrovarsi adulti, cresciuti, uomini eppure imperfetti, fuori posto, anche tornando nei luoghi che immaginiamo di conoscere come le nostre tasche» – come sottolineano Andrea Bosca e Paolo Briguglia nella presentazione -.
«Il racconto si sdoppia tra il ricordo e la perdita, l’appartenenza e l’illusione, l’infanzia e la consapevolezza dell’età adulta, rassegnata e nichilista. Lì dove tutto è fermo, tutto è mutato: la luna c’è per tutti eppure qualcosa manca sempre».
Considerazioni finali:
«“La luna e i falò” raccoglie lo smarrimento misto a malessere comune all’uomo contemporaneo. E’ un romanzo denso, ambientato nelle Langhe sventrate dalla guerra appena alle spalle e dalla miseria di un territorio che prova a rimettersi sulle sue gambe».
Anguilla compie il suo “nostos”, il suo ritorno in patria:
«è un viaggio a ritroso, tra i luoghi e le tracce dell’infanzia nel tentativo di riappropriarsi di una identità e sentirsi parte di una comunità originaria » – racconta Briguglia -.
«Eppure, anche nella placida campagna, dove il tempo sembra risparmiare intatta la bellezza delle colline e dei noccioli, tutto è cambiato irrimediabilmente».
Il pubblico diviene l’interlocutore curioso a cui restituire la memoria del proprio vissuto; emerge lo strato profondo che un autore immensamente grande come Cesare Pavese ha voluto rappresentare. Emerge il senso della vita, l’andarsene, il tornare, l’essere straniero, il bisogno di una identità radicata che si rifletta nelle persone, nei luoghi, che ci hanno visto diventare uomini».