Vita e storia di un inventore, un rivoluzionario, un amante della vita e della scrittura
Louis Braille, ultimo di quattro figli, nacque il 4 gennaio del 1809 in un paesino vicino a Parigi. All’età di tre anni, mentre cercava di imitare suo padre, sellaio e conciatore, si perforò un occhio con un punteruolo. A cinque anni, a causa dell’infezione che colpì anche l’altro occhio, diventò cieco. Nonostante questo, su incoraggiamento dei genitori, diventò uno studente brillante così come i suoi fratelli.
A dieci anni, Louis ottenne una borsa di studio alla Institution des Jeunes Aveugles, un istituto per non vedenti fondato da Valentin Haüy. Quest’ultimo riuscì a trovare un metodo ingegnoso per insegnare ai ragazzi ciechi a leggere, ma non a scrivere. Così il giovane fu indirizzato verso la musica, infatti fu un organista, un pianista e un violoncellista di talento; inoltre, si occupò anche di insegnare nello stesso istituto e di invenzioni brillanti.
L’incontro con il capitano Charles Barbier
Un inventore spesso diventa tale quando incontra qualcuno capace di far scoccare una scintilla in una mente già preparata. Questo è successo a Louis Braille quando ha incontrato Charles Barbier de La Serre, capitano d’artiglieria dell’esercito napoleonico e padre dell’Ecriture Nocturne, in visita all’istituto per testare il suo “prodotto”.
La scrittura notturna di Barbier si basava su dodici punti, divisi in due colonne, le cui combinazioni andavano a rappresentare i vari suoni della lingua. Questi, infatti, erano più adatti alla missione di decifrare messaggi militari al buio da far circolare nelle trincee. Un sistema adatto ai militari ma più complicato per chi, invece, privato della vista, voleva solo imparare a leggere.
La scrittura notturna di Barbier si basava su dodici punti, divisi in due colonne, le cui combinazioni andavano a rappresentare i vari suoni della lingua. Questi, infatti, erano più adatti alla missione di decifrare messaggi militari al buio da far circolare nelle trincee. Un sistema adatto ai militari ma più complicato per chi, invece, privato della vista, voleva solo imparare a leggere.
L’adolescente Braille allora cercò di semplificare il sistema di Barbier riducendo i punti a 6, disposti su due colonne verticali da tre. Una volta perfezionato il sistema, lo pubblicò nel 1829 in un saggio dal titolo molto musicale: Procédé pour écrir les Paroles, la Musique et le Plain-chant au moyen des points, à l’usage des aveugles et disposé pour eux. Ovvero: “Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo ad uso dei ciechi ed ideato per loro”. Braille scrive, su un foglio diviso a righe, con un punteruolo, lo stesso strumento che gli tolse la vista e ora era in grado di restituirgliela.
Nel 2004, una delle copie originali dell’opera venne battuta da Christie e comprata a poco più di 37 mila euro. All’interno di quel testo c’era una frase che manifestava a pieno l’esigenza di Braille di creare una nuova forma di comunicazione per i ciechi come lui. “Ironicamente, per essere capito da tutti, Louis Braille ha dovuto usare, per spiegare il suo nuovo sistema di lettura per non vedenti, l’unico sistema allora in uso e che l’avrebbe sicuramente condannato, quello di Valentin Haüy”. Qualcosa di antiquato e superato.
Le edizioni successive
Braille, non soddisfatto della sua opera, la modificò e la perfezionò continuamente. Nel 1837 una seconda edizione conteneva una riproduzione del Padrenostro, sia lineare che in rilievo, segno della sua devozione verso Dio. L’edizione venne esposta nel 1839 e l’allora direttore dell’istituto, Pigner, ne inviò copie negli Stati Uniti e in Europa. Anche a Milano e a Napoli. In un documento del 21 ottobre 1863 gli insegnanti dell’Istituto dei Ciechi di Milano confermavano che “la nuova scrittura Braille veniva proposta ai ragazzi ciechi in via sperimentale, e che i vantaggi che essa procurava erano di gran lunga superiori agli svantaggi”.
Nel 1839, Braille pubblicò anche un altro saggio: Nouveau procédé pour représenter par des points la forme même des lettres, les cartes de géographie, les figures de géométrie, les caractères de musique etc., à l’usage des aveugles. All’interno spiegava come vedenti e non vedenti, attraverso un sistema comune, potevano comunicare con estrema facilità superando le barriere che dividevano questi due mondi. Successivamente inventò anche un’estensione del metodo per la matematica (Nemeth Braille) e per le note musicali (Codice musicale Braille).
Nel 1949, l’Unesco decise di uniformare i vari alfabeti Braille. Così lingue arabe, orientali e dialetti africani adottarono il sistema. I ciechi di tutto il mondo, nel 2018, scrivono e leggono combinando i pallini in 64 modi differenti. Una serie di combinazioni per capire e diffondere lettere, numeri, segni di interpunzione, simboli matematici, informatici, chimici, note. Oggi si aggiungono nuove tecnologie, frutto dell’intuizione di nuovi inventori ispirati dall’opera di Braille.
La prima opera di Braille fuori dall’istituto sarà stampata lontano, in Brasile, nel 1850; ma ormai Louis soffriva di un’aggressiva forma di tubercolosi che lo porterà alla morte all’età di 43 anni. Una malattia che probabilmente aveva contratto all’interno di quell’istituto che lo accolse da bambino e che lo portò via ancora molto giovane. Nella sua casa natale ora sorge un Museo a lui dedicato, affidato alle cure della WBU, l’Unione Mondiale dei Ciechi. Braille oggi riposa nel Pantheon di Parigi, il posto riservato ai “grandi” della Francia.