Un tram che si chiama Desiderio

Teatro. “Un tram che si chiama Desiderio” a Sassari e Carbonia

“Un tram che si chiama Desiderio”, il capolavoro di Tennessee Williams, in prima regionale giovedì 13 gennaio alle 21 al Teatro Comunale di Sassari

Ritratto di famiglia in un inferno con “Un tram che si chiama Desiderio”.

Giovedì 13 gennaio alle 21 prima regionale al Teatro Comunale di Sassari, con replica venerdì 14 gennaio alle 10.30 in matinée per le scuole. Sabato 15 gennaio alle 20.45 al Teatro Centrale di Carbonia.

“Un tram che si chiama Desiderio” arriva in Sardegna nella raffinata mise en scène firmata da Pier Luigi Pizzi. Lo spettacolo fa parte del cartellone della Stagione di Prosa 2021-2022 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna; con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna e del Comuni di Carbonia e Sassari e con il contributo della Fondazione di Sardegna.

Sotto i riflettori Mariangela D’Abbraccio nel ruolo di Blanche Dubois e Daniele Pecci.

Nel cast Giorgia Salari, Eros Pascale, Gabriele Anagni, Erika Puddu e Massimo Odierna. Le musiche sono di Matteo D’Amico mentre l’artigiano della luce è Luigi Ascione.

L’elegante allestimento porta la firma prestigiosa di Pier Luigi Pizzi, artista di fama internazionale. Pizzi ha all’attivo un’intensa carriera tra lirica e prosa, a partire dall’importante sodalizio con la Compagnia dei Giovani fondata da Giorgio De Lullo, Romolo Valli, Anna Maria Guarnieri, Elsa Albani e Rossella Falk, che ha curato la regia e le evocative scenografie del dramma di Tennessee Williams, per far rivivere le atmosfere di un’epoca insieme agli stati d’animo dei personaggi.

La trama di “Un tram che si chiama Desiderio”

“Un tram che si chiama Desiderio” propone uno spaccato della realtà di un quartiere popolare di New Orleans. Tra alcol e gioco d’azzardo, liti, grida e percosse, irrompe inattesa, con il suo incantevole fascino, la sua grazia e la sua bellezza appena un po’ sfiorita, l’aristocratica Blanche DuBois. Blanche è in fuga dalla città di Laurel, dove è nata e cresciuta, dopo la perdita della ricca piantagione di Belle Rêve.

Creatura fragile, instabile e nevrotica, segnata dal ricordo di una antica tragedia, la donna cerca ospitalità presso la sorella minore Stella. Questa è sposata con un rude immigrato polacco, Stanley Kowalsky; individuo di scarsa istruzione ed educazione, Stanley è un uomo sensuale e un po’ «selvaggio» che accoglie con poco riguardo e evidente malcontento la cognata.

L’intrusione nell’armonia di coppia

Nella dimensione claustrofobica di un piccolo appartamento di due stanze «con bagno» la presenza dell’intrusa spezza l’armonia della giovane coppia fondata sulla forte attrazione e passione fisica ma anche sulla gentilezza e comprensione della sposina, ora in attesa del primo figlio, disposta ad accettare e perdonare gli eccessi del marito, i suoi improvvisi attacchi d’ira, seguiti da un immediato pentimento e da una ritrovata tenerezza.

Quelle esplosioni rappresentano per Blanche, abituata al rispetto se non alla venerazione da parte dei suoi antichi spasimanti, una ulteriore conferma della ferinità e della volgarità d’animo oltre che di modi dell’uomo, che guarda invece con sospetto alla sua ostentazione di abiti e gioielli, oltre che di una cultura superiore, perfettamente naturale per una (ex) insegnante di lettere, considerandola la dissipatrice dell’ipotetica eredità spettante alla moglie (e dunque a lui in base al Codice Napoleonico), tanto da decidere di indagare sui misteriosi trascorsi di questa dama tanto pretenziosa quanto fragile.

Il tentativo di protezione della sorella

Stella cerca di intercedere in favore della sorella, di preservarla dagli aspetti più triviali. Prova a escogitare dei passatempi e delle uscite, in modo di proteggerla. Nel mentre il marito appare sempre più insofferente verso quell’estranea che non nasconde il suo disprezzo; Blanche inoltre pare in qualche modo sfidarlo, mettendo in dubbio la sua autorità.

In realtà la dolorosa, infinita solitudine di Blanche, circondata dai suoi fantasmi e dai traumi della giovinezza, tra cui l’ombra di un suicidio, da cui è scaturita la sua profonda inquietudine, la spinge a rifugiarsi nel sogno e nelle fantasticherie: la donna immagina di fermare il tempo, di essere circondata da folle di ricchi corteggiatori, si illude di poter ritornare agli antichi splendori, inganna se stessa prima ancora degli altri nel tentativo di restituire al mondo un frammento di bellezza. In quell’ambiente così diverso dal suo trova una consonanza con Mitch, uno degli amici di Stanley, ancora scapolo e molto legato alla madre inferma: sembra sbocciare un sentimento, una speranza, una possibilità di redenzione.

Un miraggio, forse, che presto svanisce per l’intervento del cognato. Questi, venuto a conoscenza dei suoi trascorsi burrascosi, non esita a divulgare la notizia, mandando a monte il fidanzamento.

Nessuna felicità per il futuro di Blanche, ormai costretta ad abbandonare la scuola, divenuta la sua unica fonte di sostentamento. Infine, umiliata e offesa dalla crudeltà del cognato, giunge alla follia con un suo ultimo feroce abuso.

Il finale del dramma

Assecondandola nelle sue illusioni, la stessa Stella affida la sorella alle cure psichiatriche, proteggendo lei e se stessa da una terribile verità; e Blanche si lascia condurre docilmente in manicomio. Qui sconterà la sua irrequietezza, la sua esistenza irregolare, i suoi molteplici fallimenti, con quella famosa, emblematica frase «ho sempre confidato nel buon cuore degli sconosciuti».

“Un tram che si chiama Desiderio” è un’opera di denuncia che mette in risalto le ingiustizie e le discriminazioni, i pregiudizi e il pericoloso moralismo della società – nell’America del Sud negli Anni Quaranta, dove l’esistenza è scandita dalle Blue Notes quale malinconico e struggente commento sonoro, non diversamente da oggi: non c’è posto per la fragilità e la debolezza, eppure la tendenza all’autodistruzione, all’abuso di alcol (o droghe), l’abitudine alla sfrenatezza, a dispetto delle regole e convenzioni, non sono altro che il tentativo di perdersi e dimenticare, nello stordimento, le ferite dell’anima.

Il cast artistico

Sui palchi dell’Isola un classico del Novecento. “Un tram che si chiama Desiderio” fu interpretato in Italia da attrici del calibro di Rina Morelli, in scena con Vittorio Gassman, Vivi Gioi e Marcello Mastroianni nella storica versione del 1949 con la regia di Luchino Visconti, e ancora Mariangela Melato, Paola Quattrini (con Enrico Lo Verso nel ruolo di Stanley), Laura Marinoni accanto a Vinicio Marchioni con regia di Antonio Latella e di recente da Mascia Musy (Blanche) con Massimiliano Gallo (Stanley) e Giovanna Di Rauso (Stella) per un ammaliante ritratto al femminile – a cui fa da contrappunto il fascino quasi “animale” di Stanley, e insieme la dolcezza ma anche la debolezza di Stella, consapevole della tragedia ma incapace di ribellarsi e in qualche modo succuba della prepotenza del marito.

La pièce disegna un vivido affresco della società. Il conflitto tra una sensibilità esasperata e l’indifferenza del mondo, ignaro della bellezza e dimentico della poesia.

About Nicola Palmas

Imprenditore digitale e manager culturale. Founder & CEO della startup Billalo, direttore artistico di Sardegna Concerti. Appassionato di musica, innovazione e marketing.