Emanuel diventa regista e nel suo primo documentario “Con le nostre mani” prodotto da Karel film, racconta la storia dei genitori, che cambiano il paradigma dell’esistenza dei sopravvissuti alla polio
Anna Maria e Giovanni si conoscono nei primi anni ’80 nella comunità di Sestu, fondata proprio da Giovanni che si occupa dei diritti dei disabili e che fa lavori di sarto e di piccolo artigiano. Si amano, si sposano, e con l’arrivo di Emanuel mettono su casa a Sestu, da dove parte la sfida alla disabilità.
Racconta. “la nostra casa era aperta a tutti i bambini , mamma preparava manicaretti. Babbo ci portava al mare e ci lasciava liberi. E’ stato un collega regista messicano a Barcellona a capirlo e a dirmi: tuo babbo non cammina e fa l’orto, tua madre non cammina e prepara da mangiare a tutti, viaggiano, vanno al mare, ma è una storia fantastica, devi raccontarla”.
Lancia la sfida al padre le cui condizioni di salute si stavano aggravando. Lo convince a tornare a Bosa suo paese natale. Tra emozione e felicità visiterà per l’ultima volta. E’ stata una piccola ma simbolica battaglia per far tornare babbo a casa sua. Per me questo è il motore del film: credere sempre in sé stessi nonostante le difficoltà”.
Nei cinquanta minuti di documentario – presentato al Social Film Festival Artelesia dove ha vinto il premio per la miglior regia – e con l’incalzante ritmo del Bolero di Ravel a fare da colonna sonora, la coppia si racconta in un crescendo di emozioni.
A 18 anni sono uscita e ho conosciuto il mondo”. “Anche io dovevo finire nella Casa Cottolengo di Bosa ma mi sono ribellato. Alle elementari per la mia disabilità camminavo ancora come un gatto, ma non mi sono mai dato per vinto. Ho studiato lavorato e costruito la mia vita nonostante tutto e tutti”.