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Giornalisti trattano di pace nel mondo

Giornali spiegano perché paesi non sono pacifici

Ricercatori di Cnr-Isti, Scuola Normale Superiore di Pisa, e Università̀ di Stoccolma hanno sfruttato i big data di una piattaforma supportata da Google e strumenti di Intelligenza artificiale per spiegare l’indice di pace di un Paese.

La ricerca è presente sulla rivista Epj Data Science. L’Indice della pace globale (Gpi) è un tentativo di classificare i Paesi del mondo in base alla loro “pacificità”. Secondo questo indicatore, l’Islanda è il primo Paese, l’Afghanistan l’ultimo e l’Italia è al 32esimo posto. Il Gpi viene prodotto su base annuale dall’Institute for Economics and Peace attraverso indagini istituzionali e governative. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie dell’informazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isti), della Scuola Normale Superiore di Pisa, e dell’Università di Stoccolma ha dimostrato che i nuovi flussi di dati digitali, combinati con le potenzialità dell‘Intelligenza artificiale (Ia), possono aiutare a rendere queste misurazioni più economiche e frequenti e anche spiegare quali sono i fattori che caratterizzano un Paese pacifico. Lo studio è presente sulla rivista Epj Data Science.

La tecnologia al servizio della ricerca

I ricercatori hanno utilizzato i dati del “Global database of events location and tone” (Gdelt), una piattaforma supportata da Google che raccoglie notizie relative a 163 Paesi, per dimostrare che l’attenzione dei media su determinati argomenti sono indicativi del Gpi di un Paese e consentono di svelare, con l’aiuto dell’Ia, il suo profilo socioeconomico, politico e militare. Ad esempio, l’indice di pace per il Portogallo è determinato principalmente dalle novità che riguardano la cooperazione economica, mentre quello del Pakistan è collegato a notizie riguardanti l’utilizzo di forze militari e carri armati. Per il nostro Paese valgono soprattutto news su aiuti umanitari, asili politici e disobbedienza alle leggi.

“Se consideriamo che le spese militari indeboliscono sempre di più i Paesi già dilaniati dalla guerra, per i governi e la comunità internazionale è fondamentale prevedere tempestivamente i cambiamenti nello stato di pace e i fattori che lo stanno determinando”, afferma Vasiliki Voukelatou ricercatrice Cnr-Isti e prima firmataria della pubblicazione. “Il database Gdelt e strumenti di intelligenza artificiale possono contribuire a più frequenti stime dell’indice di pace globale e dei fattori che lo determinano come le proteste, i conflitti, l’utilizzo di forze armate, gli aiuti umanitari, le sanzioni amministrative e le attività diplomatiche”.

Uno studio di supporto

Lo studio può essere di supporto per decisori politici e stakeholder. “Questa ricerca è un passo importante verso uno strumento che consente a ricercatori, a politici e alle società non governative come l’Onu di reagire tempestivamente alla situazione conflittuali di un Paese, attuando politiche adeguate a prevenire effetti negativi sulla società e contribuire efficacemente a una pace duratura”, conclude Luca Pappalardo, ricercatore del Cnr-Isti e coordinatore dello studio.

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