Si alza il sipario sulla seconda tranche della Stagione 2021-2022 di Teatro Senza Quartiere. Sotto i riflettori “E poi ho visto un gabbiano” con Anna Lisa Mameli, Marta Proietti Orzella e Eleonora Giua
Si alza il sipario sulla seconda tranche della Stagione 2021-2022 di Teatro Senza Quartiere organizzata dal Teatro del Segno. La stagione, con la direzione artistica di Stefano Ledda, è dedicata al cantante lirico, intellettuale e scrittore Gianluca Floris (prematuramente scomparso).
Ouverture tra parole, suoni e visioni con “E poi ho visto un gabbiano”; un intrigante ed evocativo “concerto teatrale” firmato OfficinAcustica. Appuntamento sabato 12 marzo alle 21 al TsE di via Quintino Sella nel cuore di Is Mirrionis a Cagliari.
Sotto i riflettori la cantante e attrice Anna Lisa Mameli (autrice dei testi originali). Insieme a lei le attrici Marta Proietti Orzella e Eleonora Giua. Sul palco anche l’ensemble strumentale guidato dal pianista e compositore Corrado Aragoni (che ha scritto i brani originali e curato la direzione musicale). L’ensemble è formato da Remigio Pili (fisarmonica), Anna Maria Viani (violino), Karen Hernandez (violoncello), Simone Floris (clarinetto), Andrea Lai (sassofono), Massimo Spano (contrabbasso) e Alessandro Garau (batteria e percussioni). Un ideale e immaginifico itinerario sull’Isola di San’Antioco, fin dentro il laboratorio dello scultore Gianni Salidu.
L’ispirazione di Gianni Salidu
Si ispira infatti alla figura e alle opere dell’artista, plasmate nella pietra e nel legno, materiali naturali tratti dalla sua terra natia e reinventati, secondo estro e fantasia, per dar forma ad un universo simbolico dove è fortemente presente l’immagine della donna in molteplici sfumature e declinazioni: dalle teste scolpite che riportano alla statuaria arcaica e mediterranea, quasi reperti restituiti dal mare, alle eleganti e stilizzate rappresentazioni di creature femminili, madri o fanciulle. Nel suo repertorio spiccano anche i presepi, come quello allestito nelle Grotte di Is Zuddas a Santadi, con stalattiti e stalagmiti a fare da cornice ai personaggi del mondo agropastorale accorsi a venerare il Bambino Gesù, in una rivisitazione in chiave sarda dove i mestieri e gli abiti della tradizione si sposano al mistero della Natività.
«Per chi abita in un’isola, il mare è l’unico orizzonte possibile. I fasci di luce, di albe, mezzogiorni e tramonti, investono e colorano acqua e terra, uomini, animali e vegetazione. Tutto si ripete ciclicamente ma nulla è mai uguale, a saper guardare bene. L’isola è approdo sicuro ma anche scoglio che squarcia le barche; è accoglienza ma anche mare che divide; l’isola è fatica ma anche bellezza sublime, capace di condurre all’estasi» sottolinea nella presentazione Anna Lisa Mameli.
“E poi ho visto un gabbiano” è una pièce multimediale in cui si alternano canti e racconti, fotografie e video.
Questi elementi compongono una narrazione suggestiva incentrata su temi universali come l’amore e il legame con la Madre Terra, il lavoro e la fatica, la partenza e il ritorno, la rinascita, la maternità vissuta, negata e desiderata, per riscoprire le umane passioni, il riso e il pianto, fino a “L’Ultimo Abbraccio”, tra una ballata notturna e un inno alla primavera, mentre risuona la voce del mare, tra cavallucci e sirene e un “Sogno di Libertà”.
«L’idea è nata da una chiacchierata fatta con la moglie dello scultore, Pinella Bullegas, che attraverso l’attività dell’Associazione “S. Antioco abbraccia il mare” cura la memoria artistica di Gianni Salidu, e che, in occasione del decennale della sua scomparsa, ha espresso il desiderio di creare, con il nostro aiuto, un evento speciale» – rivela Anna Lisa Mameli cofondatrice di OfficinAcustica –. «Essendo noi sulcitani, la nostra sensibilità è stata stuzzicata dall’occasione di puntare l’attenzione sull’Isola di Sant’Antioco e sul territorio del Sulcis».
«E poi, solo a un certo punto della mia vita, ho visto un gabbiano». È questa la frase di Gianni Salidu da cui è tratto il titolo dello spettacolo.
Rappresenta – spiega Anna Lisa Mameli – una «metafora dell’esistenza di un uomo (che può essere ciascuno di noi), che dopo aver vissuto buona parte della sua vita alla ricerca di qualcosa, della sua ragione di esistere, a un certo punto apre gli occhi su ciò che in fondo è sempre stato lì, vicino a lui, e tutto all’improvviso gli si rivela chiaro, in tutta la sua semplicità».
Ispirato alle opere dello scultore, il “concerto teatrale” descrive, in serie di “quadri”, «l’Uomo, con il suo agire, i suoi sentimenti, le sue radici e l’ambiente in cui vive»: un’antologia di storie, tra moderne favole e antichi miti, frammenti quasi lirici e altri più realistici e amari, con inserti in lingua sarda campidanese, canzoni e pagine strumentali, impreziosita «dalle bellissime immagini naturalistiche di Sant’Antioco riprese da Davide Eustacchi» oltre che da alcune sculture emblematiche di Gianni Salidu, divenute parte della scenografia e elementi “vivi” della narrazione, come a condurre gli spettatori in un mondo immaginifico e poetico.
“E poi ho visto un gabbiano” è un omaggio all’artista e alla sua Isola, ma prendendo spunto dalle sue opere e dalla sua vicenda, propone una riflessione più ampia sull’animo umano, sui desideri e i sogni, le paure e le inquietudini, le passioni e le sfide, in uno stretto dialogo con la natura seducente e selvaggia della Sardegna.
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