L’analisi del voto per la presidenza Anci apre ad una lettura inedita della politica isolana. Quella di un dialogo tra i territori che oltrepassano i classici confini degli ideali e dei partiti e che ha imparato a vestirsi di civismo.
In particolare gli organismi istituzionali come il Cal e l’Anci hanno dato prova di legami più profondi, di culture più consolidate tra i sindaci. È innegabile che le ultime tornate elettorali amministrative abbiano favorito in Sardegna un naturale ricambio generazionale; si riflette su una politica che si governa sul buonsenso e sulle capacità.
Il risultato è quello di saper innescare una nuova modalità di governance locale e territoriale; poi si riflette nelle scelte dei propri rappresentanti in seno alle istituzioni. La netta contrapposizione odierna tra i due candidati, Deiana e Urpi, non è da intendersi come frattura o come mancanza di unitarietà.
È da leggere in chiave più lungimirante, come il tentativo di riniziare a costruire legami, ideali, progetti, visioni; ognuno nella piena libertà di espressione e se vogliamo senza timore di esposizione. Soprattutto per la compagine guidata da Urpi il risultato è più significativo se lo paragoniamo a un passato in cui erano quasi del tutto assenti la volontà e la potenzialità di convergere su un’unica candidatura, di fare sistema e di avere un progetto a lungo termine.
145 voti per Deiana e 139 per Urpi non possono essere considerati accidentali o segno di frammentarietà dell’Anci. Significa che sono due figure politiche forti, radicate nei territori, che hanno dimostrato disponibilità nei loro ruoli, che hanno due visioni dello sviluppo e della coesione differenti ma allo stesso tempo che fanno leva sulle rispettive squadre. Questa può essere dunque definita una vera e propria proposta politica che si alimenta di esperienza di governo locale e di lotte in rappresentanza dei cittadini.