“Quando è partita la prima bomba è cominciato anche il tradimento verso le giovani generazioni europee che si aspettavano ben altre risposte dopo due anni di pandemia”, è stato l’incipit del Rettore: “Siamo vicini alle popolazioni coinvolte”
“Come Università siamo consapevoli che la situazione è complessa e richiederà un impegno per molti anni. In questo momento siamo vicini alla popolazione dell’Ucraina e a tutte le persone coinvolte anche involontariamente. Noi parteggiamo per la pace”. Lo ha detto il Rettore Francesco Mola avviando il seminario sul conflitto in corso in Ucraina proposto nell’Aula magna di Palazzo Belgrano.
“Abbiamo avviato numerose iniziative: borse di studio, di ricerca, una mail dedicata. C’è grande impegno da parte di tutta la comunità accademica. Anche il nostro mondo studentesco si è dato da fare da subito con tutte le associazioni attivando tante iniziative. Stiamo cercando di fare tutto con ordine e nel rispetto di chi ha altri ruoli istituzionali. Ci dispiace aver perso un’occasione di rilancio più forte rispetto alla situazione dei due anni precedenti. Dobbiamo ampliare le nostre riflessioni sul ruolo e sui valori della ricerca per poter dare il nostro contributo”.
L’intervento di Aide Esu, referente dell’Università di Cagliari per la Rete universitaria per la pace (RuniPace)
“Oggi dobbiamo mostrare un impegno fattivo per la pace, iniziando un percorso di riflessione assieme ai colleghi e alle colleghe”. Inoltre, Aldo Berlinguer ha posto alcuni interrogativi all’inizio del suo intervento: “Noi immaginiamo di dialogare con quel mondo, ma siamo attrezzati per farlo? Abbiamo un assetto europeo in grado di affrontare questa emergenza, legati come siamo all’unanimità? Attenzione alle asimmetrie in gioco c’è quella tra le ragioni del conflitto avanzate da Putin – l’antinomia tra Russia, Nato e Europa – e i partecipanti, come gli ucraini che nulla c’entrano. Poi occorrerà pensare a chi farà la ricostruzione: non si può certo passare ad una invasione economica, dopo quella militare”.
L’intervento di Massimo Tria, docente alla Facoltà di Studi umanistici dell’Università di Cagliari
“Noi ci rifiuteremo di utilizzare la lingua russa come strumento di violenza, ma la utilizzeremo come strumento di pace. Oggi in Russia la propaganda di Putin chiude molti canali di informazione libera. Occorre spiegare a tutti come la propaganda sta giustificando l’invasione dell’Ucraina utilizzando e deformando l’informazione, la storia e la memoria. Io insegno lingua e letteratura russa all’Università di Cagliari”.
Giorgio Giacinto si è soffermato sull’uso della rete
“Il confine in termini di sicurezza informatica spesso è dato in termini generali da quanto si è disposti a spendere. Anche nel caso del conflitto ucraino si è parlato spesso di guerra cibernetica. L’Ucraina si è però dotata di competenze per garantire la protezione da interferenze. La rete oggi garantisce sistemi per portare aiuto e solidarietà: investire in conoscenza, in competenza deve essere l’obiettivo, prima di tutto nostro come università. La finalità deve essere sempre rafforzare la comunicazione”.
Sugli aspetti più connessi all’informatica è intervenuto anche Luigi Martino, docente all’Università di Firenze
“La guerra non è solo nel contesto fisico, ma anche nel mondo virtuale. Il modus operandi della Russia è già stato sperimentato in Estonia e in Georgia con lo spegnimento delle reti informatiche. Già nel 2015 l’Ucraina ha subito un attacco alla propria rete. Il dominio cyber è un dominio virtuale, ma che ha effetti reali e fisici: pensiamo agli ospedali e ai servizi. La lezione di fondo del conflitto in corso è che non bisogna appoggiare ‘la propria fortuna alla fortuna altrui. Gli attacchi informatici hanno avuto effetto perché l’Ucraina si appoggiava ad aziende russe. Per affrancarsi da questa sudditanza informatica l’Ucraina ha dovuto chiedere aiuto all’Europa”.
“L’interdipendenza energetica tra Europa è Russia è diventata quasi un problema, un motivo del conflitto – ha detto Marco Siddi, ricercatore del Dipartimento di Scienze politiche e sociali – Una situazione con cui dobbiamo confrontarci. Diversi Paesi dell’Europa orientale, ma anche l’Italia, sono dipendenti in gran parte dalla Russia. Ma anche la Russia dipende dai proventi di quelle esportazioni per il proprio budget”.
Al seminario ha partecipato anche Anthony Grande, console onorario dell’Ucraina
“Non ho saputo dire di no ad una richiesta di aiuto; soprattutto perché era rivolto a sostenere persone che non avevano scelta. Abbiamo dunque organizzato una missione che ha portato in Sardegna molti bambini con le loro madri; un ringraziamento va alla Sardegna e a tutta l’Italia. Il cosiddetto terzo settore sta dimostrando una grande solidarietà, come pure tante famiglie e privati cittadini che aprono le loro case e le loro braccia. Ho visto il dramma negli occhi dei bambini, nelle loro lacrime che sono diventate di gioia quando hanno visto il mare; tutte le istituzioni si sono dimostrate all’altezza di questo dramma”.
L’intervento di Maria Del Zompo, fino ad aprile scorso Rettore dell’Università di Cagliari
“Noi speriamo che il popolo russo dia un segnale di vitalità; sappiamo bene che è difficile, anche noi non ci siamo liberati da soli da una dittatura. Bisogna riflettere su questo aspetto. L’errore dell’Occidente è stato pensare che la maggior parte degli altri Paesi avesse preso la stessa strada. Ora è caduta la maschera; le cose cambiano a spese di un popolo che voleva solo avere la democrazia, che comporta scegliere i propri capi liberamente. Possiamo essere solidali e lavorare per un futuro prossimo migliore. Possiamo insistere e stimolare il pensiero critico e la profondità delle riflessioni; il nostro ateneo ha siglato convenzioni con tanti atenei ucraini, ma anche con tante università russe. Occorre reagire in modo duro, ma composto”.