Claudio Amendola dirige I Cassamortari la commedia nera che vede tra i protagonisti anche Piero Pelù
La speculazione sul momento della separazione, quella imprescindibile e definitiva. Persone che agli occhi degli altri sarebbero l’esempio di virtù e rettitudine, ma che, ovviamente, scopriremo hanno anche dei difetti. Quando viene a mancare il capo famiglia, il patrono dell’azienda, i cassamortari, protagonisti dell’ultimo film di Claudio Amendola, dovranno portare avanti l’azienda di famiglia e solo in quel momento conosceranno il vero significato del doversi rimboccare le maniche e ricominciare da zero. Sarà una commedia nera che val la pena di ricordare e citare?
La figlia, interpretata da Lucia Ocone, cinica e persuasiva, lasciva e crocerossina. Il figlio “di mezzo”, interpretato da Gianmarco Tognazzi, muto coi vivi ed eloquente con coloro che sono passati a miglior vita, grande artista della ricostruzione di cadaveri. Il figlio grande, interpretato da Massimo Ghini, colui che porta sulle spalle l’immagine, la voce e la burocrazia dell’azienda. Infine la madre della famiglia, indispettita e sempre accompagnata da un ulteriore figlio, molto più giovane dei tre fratelli, illegittimo ed estremamente social.
In questo assortimento variegato di personaggi contrastanti tra loro, ma complementari, abbiamo anche Piero Pelù, a far da traino in questa commedia cupa. Il rocker toscano interpreta una carismatica rock star, molto, molto vicina al ruolo del personaggio nella vita reale. Ma diversamente dalla realtà, il rocker Gabriele Arcangelo, in preda a un raptus creativo e sotto effetto di droghe e alcol, vittima delle sue debolezze, muore in maniera rocambolesca. Per di più viene anche additato come ipocrita da coloro che gli sono stati vicino e dalle rockstar che abbracciano le principali battaglie sociali. Ma ciò che conta davvero è: chi si aggiudicherà la realizzazione delle sue esequie?
In tempo di crisi, vediamo la famiglia Pasti, i Cassamortari appunto, ereditare anche lo stile professionale del padre: bare in finto noce, corsie preferenziali con soffiate dagli ospedali. Qualsiasi cosa pur di contrastare la concorrenza. Comprensibile, quando la concorrenza è Taffo, il brand dal marketing spinto e dichiaratamente schierato nei momenti topici, dai toni pungenti.
Ma il funerale di Arcangelo non merita una cassa in finto noce, anche perché si spera possa portare una spinta propulsiva agli affari dei fratelli Pasti, e quindi, tramite le esequie della rockstar, saldare i debiti lasciati dal padre, grande evasore fiscale.
Da sottolineare l’arrangiamento suggestivo utilizzato come tema musicale, vale a dire un’ottima cover strumentale di Zombie dei Cranberries e l’utilizzo del brano Non escludo il ritorno di Franco Califano ad arricchire la soundtrack del film.
I cassamarortari possiede un solido aspetto attuale. Concede uno grosso peso alla rilevanza inopportuna dei social nei momenti più intimi e difficili e alla speculazione selvaggia dei sentimenti più personali. Tuttavia, è completamente assente la componente della commedia. Attesa fino all’ultimo e non percepita.
I Cassamortari possiede un’ottima regia da parte di Claudio Amendola, suggestiva ma al tempo stesso di facile fruizione, anche al servizio di un’opera capace di trattare personaggi negativi, al limite dell’umanità. Si sarebbe dovuto parlare di una commedia, ma I Cassamortari non è una commedia, parliamo di un film drammatico, dai toni quasi leggeri, popolato da personaggi eccentrici, ma concreti, che hanno a che fare con le più disparate sfaccettature dell’elaborazione del lutto, improvviso, inaspettato e scongiurato. Ma non è una commedia e, sotto sotto, sa perfettamente di non esserlo.
Commedia: no, non ci siamo. Drammatico: sì, con il merito di saper riflettere sugli errori dai quali possiamo facilmente essere intercettati quando si ha paura del futuro e di fallire.