Sabato 2 aprile al TsE di via Quintino Sella a Cagliari appuntamento di Teatro Senza Quartiere di Teatro del Segno
Viaggio in Italia alle soglie del Terzo Millennio tra gli “ossimori” del reale con “Amleto Take Away”. Per Teatro Senza Quartiere un nuovo spettacolo ideato, scritto, diretto e interpretato da Gianfranco Berardi (Premio Ubu 2019) e Gabriella Casolari.
In scena sabato 2 aprile alle 21 al TsE di via Quintino Sella nel cuore di Is Mirrionis a Cagliari. Si tratta del penultimo appuntamento della seconda tranche della Stagione 2021-2022 di Teatro Senza Quartiere organizzata dal Teatro del Segno. Direzione artistica di Stefano Ledda, nello spazio “ritrovato” nello storico rione del capoluogo e dedicata al cantante lirico, regista e scrittore Gianluca Floris (prematuramente scomparso), artista di fama internazionale e figura di spicco del panorama culturale isolano.
Un affresco del Belpaese in chiave “teatro contro temporaneo”
Una pièce originale e coinvolgente, tra la leggerezza dell’ironia e gli strali della satira. Un affresco del Belpaese in chiave di “teatro contro temporaneo”, con la cifra peculiare dei due artisti, dove le radici storiche e antropologiche si traducono in azione scenica e l’astrazione metafisica si incarna nei corpi e nei volti, nelle voci e nei gesti degli attori.
“Amleto Take Away” – una produzione della Compagnia Berardi Casolari e del Teatro della Tosse (con il sostegno di Gitiesse Artisti Riuniti, ERT/Emilia Romagna Teatro Fondazione, Festival di Armunia Castiglioncello, Comune di Rimini-Teatro Novelli) con musiche di Davide Berardi e Bruno Galeone e disegno luci di Luca Diani, drammaturgia e regia di Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari – è frutto di una indagine sulle moderne derive dell’umano, tra la perdita degli antichi valori e la mutazione di significato delle parole, in un mondo dove «tutto è rovesciato, capovolto, dove l’etica è una banca, le missioni sono di pace e la guerra è preventiva».
To be o FB
Nella civiltà dell’apparire il dilemma dell'(anti)eroe elisabettiano si trasforma in «To be o FB, questo è il problema!», ma persiste il dubbio su quale sia la scelta che più si addice ad un cuore nobile e generoso, se «Chiudere gli occhi e tuffarsi dentro sé e accettarsi per quello che si è, isolandosi da community virtuali per guardare da vicino e cercare di capire la realtà in cui si vive? O affannarsi per postare foto in posa tutte belle, senza rughe, seducenti, sorridenti, grazie all’app di photoshop?».
Infine pare quasi inevitabile, e necessario, lasciarsi trasportare dal flusso, non tentare di opporsi alla corrente. Meglio uniformarsi e cercare di «Dimostrare ad ogni costo di essere felici mettendo dei ‘mi piaci’ sui profili degli amici.
Apparire, apparire, apparire, bello, figo, number one e sentirsi finalmente invidiato». Insomma, per dirlo nella lingua del Bardo, uno sconsolato ma decisamente attuale «To be or fb, this is the question».
Il genio di William Shakespeare sembra aver colto con lucidità profetica, o forse con antica sapienza, la nota dominante del ventesimo e ancor più del ventunesimo secolo. Quella vaga incertezza che caratterizza la sfera pubblica e privata, le relazioni personali e professionali, la condizione economica. Perfino la posizione geografica in seno alla “società liquida”, secondo l’ormai “classica” definizione di Zygmunt Bauman.
L’alienazione della società contemporanea
Focus sulla solitudine e sull’alienazione della società contemporanea, oltre che sulla crisi esistenziale del protagonista, vittima degli eventi esterni ma pure di se stesso, che vede vacillare le sue più solide certezze, a partire dall’amore per Ofelia – e perfino la sua passione per il teatro subisce un serio contraccolpo: sogni e ambizioni del famoso (anti)eroe «simbolo del dubbio e dell’insicurezza, icona del disagio e dell’inadeguatezza» si infrangono contro una verità amara. Tutta la fragilità e le segrete inquietudini di un personaggio sconfitto dalla sua immaginazione e condannato ad arrovellarsi sulle infinite possibilità e sugli esiti (im)prevedibili di ogni azione perfino nell’imminenza di una catastrofe si riversano sul palco insieme con i fantasmi di una vita mai vissuta, o interpretata, fino in fondo in una surreale e forse irrealizzabile catarsi finale.
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