Non solo antivirali, anticorpi monoclonali e immunosoppressori. Fra le potenziali terapie anti Covid-19 c’è anche un antidepressivo a basso costo, la fluvoxamina, che già da qualche tempo ha spiegato una buona difesa contro l’infezione da coronavirus. Oggi, una nuova ricerca, basata su un’analisi statistica dei dati degli studi clinici finora svolti, ha confermato l’efficacia di questo farmaco.
Se somministrata precocemente, la fluvoxamina può prevenire i sintomi gravi dell’infezione da coronavirus, associati ai ricoveri, in pazienti con fattori di rischio per Covid severo. I risultati dello studio, condotto dall’Università McGill, a Montréal, in Canada, sono pubblicati su Jama Network Open.
Lo studio sulla fluvoxamina contro il Covid
I ricercatori hanno realizzato una meta-analisi, ovvero un’indagine statistica che mette insieme e rielabora i risultati di diverse sperimentazioni. La valutazione ha riguardato 3 studi clinici centrati sull’uso dell’antidepressivo fluvoxamina, il cui costo è molto basso, pari a 1 dollaro al giorno.
Gli autori hanno analizzato complessivamente i dati di oltre 2mila volontari, non vaccinati e sintomatici, coinvolti dal 2020 al 2021, dunque prima della comparsa della variante delta. La maggior parte dei partecipanti presentava almeno un fattore di rischio di sviluppare un’infezione grave.
Un gruppo è stato trattato con l’antidepressivo fluvoxamina mentre la restante parte con un placebo (una sostanza priva di principi attivi utilizzata esclusivamente per il confronto). Il farmaco è stato somministrato al dosaggio classico utilizzato nella depressione, però per un periodo di tempo molto ristretto, di soli 10 o 15 giorni.
Poco costoso ed efficace
I risultati statistici indicano che la probabilità di ridurre i casi di ricovero con la somministrazione precoce di fluvoxamina va dal 94 al 98%. Le ricerche in corso stanno approfondendo l’efficacia nei pazienti già vaccinati e stanno aggiustando il dosaggio. In generale, le stime sono molto favorevoli: gli autori scrivono che questo trattamento potrebbe essere raccomandato, soprattutto nel caso di un ridotto accesso agli antivirali, farmaci efficaci ma più costosi, e agli anticorpi monoclonali, che peraltro hanno perso presa contro la variante omicron (solo uno resta pienamente efficace).
“Il lavoro è interessante e di rilievo”, commenta Francesco Scaglione, Ordinario di Farmacologia all’Università degli Studi di Milano Statale e responsabile della Farmacologia all’Ospedale Niguarda di Milano – non coinvolto nello studio in questione, “dato che conferma e mette in luce le potenzialità di un approccio che si sta rivelando valido, oltre che sostenibile”.
Un meccanismo diverso
L’esperto ripercorre la storia dell’uso e della valutazione di questo e altri antidepressivi contro Covid-19. “Già da qualche tempo gli scienziati si sono accorti, sia in studi preclinici sia clinici – racconta – delle proprietà della fluvoxamina e della fluoxetina, quest’ultima ancora in corso di valutazione, contro le infezioni da Covid-19”.
La depressione in questo caso non c’entra nulla e il bersaglio dei farmaci stavolta è diverso. Fluvoxamina e fluoxetina rientrano infatti nei “Fiasma”, sigla che sta per inibitori funzionali della sfingomielinasi. “Sia in vitro sia in vivo si è osservato che questi medicinali agiscono bloccando un meccanismo con cui Sars-Cov-2 attacca più facilmente le cellule attraverso la loro porta d’ingresso del virus, ovvero il recettore Ace2”, chiarisce Scaglione. “Ma non è tutto, c’è una duplice azione. Oltre a ostacolare l’ingresso del patogeno, questi farmaci contrastano la marcata risposta infiammatoria”, che è alla base dell’evoluzione verso forme più gravi di Covid-19.
Fluvoxamina, altri vantaggi
Il dosaggio è simile a quello somministrato nella depressione, spiega il farmacologo, e la durata del trattamento è molto ridotta, dunque con effetti collaterali minori e limitati nel tempo. Oltre alla buona tollerabilità e alla spesa contenuta, potrebbe esserci un altro vantaggio, sempre da confermare. “In questo caso il meccanismo e il bersaglio sono sempre gli stessi”, specifica Scaglione, “ovvero si ostacola, agendo su uno specifico percorso fisiologico, l’attacco del coronavirus alle cellule. Questo rimane valido a prescindere da eventuali mutazioni del virus, dunque anche in presenza di nuove varianti”.
Ovviamente sarà necessario approfondire l’argomento, come già sta avvenendo, ma secondo l’esperto la strada risulta promettente. “In un futuro non lontano potrebbe rappresentare una strada valida e percorribile”, rimarca l’esperto, “nell’ottica di avere più strumenti contro Covid-19”.