Sardegna Teatro apre alle coproduzioni internazionali e mostra al TEN – domenica 24 aprile, alle ore 20.30 – WILD, lo spettacolo della compagnia portoghese Arena Ensemble.
Nato a partire da un’indagine sulle maschere; condotta anche grazie al contributo della comunità barbaricina e alla presenza in scena di alcuni attori non professionisti del territorio. Giuseppe Carai e Rubens Ortu dell’associazione Maschere Etniche Thurpos di Orotelli, Riccardo Spanu e Marco Abbà dell’associazione di Promozione Sociale Gruppo Boes e Merdules di Ottanae Andrea Loi dell’associazione culturale S’urtzu e sos bardianos di Ula Tirso.
Dopo il debutto a Lisbona, WILD arriva in Italia, e ha la sua prima nazionale al Teatro Eliseo di Nuoro. WILD è una riflessione sull’uso della maschera nelle pratiche rituali che segnano collettivamente momenti cruciali in Europa, come gli equinozi e i solstizi; integrando personaggi come l’Uomo Selvaggio, l’Orso, la Capra o il diavolo.
Siamo sempre più una società di maschere che si nascondono dietro un mondo virtuale. Qual è il significato attuale di maschera? Come può vivere con la mascherina sanitaria trasformare l’attività, l’attivismo e l’identità di ogni persona?
Viviamo in una quotidianità piena di avatar, caricature, meme, applicazioni che permettono di trasformare il viso e vari tipi di filtri capaci di sfumare il confine tra volti e maschere. Sulla base dell’indagine sul significato ancestrale della maschera; WILD ne mappa il valore come possibilità identitaria, nonché la complessità inerente alla moltiplicazione e intersezione delle identità.
Riti e costumi
I rituali dell’Uomo Selvaggio sono rituali pagani secolari di trasformazione dell’essere umano in bestia, atti a celebrare il ciclo stagionale, fertilità, vita e morte. Ogni anno, in tutta Europa, dalla Scozia alla Bulgaria, dalla Finlandia all’Italia, dal Portogallo in Grecia, le persone indossano letteralmente i panni del ‘selvaggio’; in mascherate che hanno radici pre-cristiane e diventando un orso, una capra, un cervo o un cinghiale. Queste persone celebrano il ciclo della vita e delle stagioni.
I loro costumi, fatti di pelli di animali o di piante, e decorati con ossa, circondati da campanelli e ricoperti di corna, ci stupiscono con la loro straordinaria diversità e prodigiosa bellezza.
In questo progetto, le organizzazioni partecipanti celebrano questi rituali europei come uno dei più antichi patrimoni immateriali del continente europeo; non indagandone le origini etnologiche, ma attivandole come espressione viva di identità culturale, comunione sociale e vicinanza alla natura. Infatti, nel loro rapporto con i cicli della natura, queste celebrazioni danno un importante messaggio di valori ecologici e sociali. Nel collegare questi rituali con i valori contemporanei, il progetto solleva anche questioni riguardanti il genere e la dicotomia rurale-urbana.
Il progetto si basa sugli incontri con le comunità che realizzano i rituali dell’Uomo Selvaggio in Portogallo, Nord-Macedonia e Sardegna e, attraverso un percorso iniziato nel 2019, ha portato alla costruzione di una performance che attinge da questi tre paesi gli elementi che la compongono.