AGI – La sostenibilità non è più un optional per le aziende, anzi è diventata un asset strategico per quelle imprese che oggi vogliono sviluppare una visione a lungo termine. Sotto il punto di vista ambientale, a livello globale sta prevalendo una strategia net-zero, che mira a rendere l’attività imprenditoriale “carbon neutral”. Un campo in cui l’Europa è all’avanguardia: l’Ue si è impegnata a ridurre le emissioni del 55% nel 2030 e raggiungere lo zero net entro il 2050.
In questo viaggio verso la decarbonizzazione, le aziende devono cambiare i loro processi di produzione, ma certo questo non può avvenire dall’oggi al domani. Quindi, per compensare, almeno nel breve termine, le inevitabili emissioni di gas serra (GHG), spesso si rivolgono al Voluntary Carbon Market (VCM); un “mercato libero” di carbon offset; ovvero di meccanismi che permettono di compensare le proprie emissioni di CO2 attraverso il supporto a progetti che le riducono concretamente. Nel VMC è possibile comprare crediti per ridurre spontaneamente la propria produzione di carbonio.
Ma qual è oggi la portata di questo mercato? Agi ne ha parlato con Markus Franke, capo Europa di Celo, ecosistema blockchain che promuove le criptovalute come strumento di inclusione finanziaria ed è impegnato a contrastare i danni del cambiamento climatico attraverso un uso consapevole e innovativo di nft e blockchain.
“Dopo un periodo relativamente tranquillo all’indomani della crisi finanziaria; durante il quale di VMC si parlava poco – spiega Franke – il “mercato libero dei crediti di carbonio” è riemerso con forza nel 2018; quando il suo volume è raddoppiato raggiungendo i 296 milioni di dollari. Stime recenti indicano che il VCM ha probabilmente superato il miliardo di dollari nel 2021 e gli esperti prevedono che la domanda di compensazioni di carbonio aumenterà di un valore compreso fra gli 1,1 miliardi e 3,6 miliardi di tonnellate all’anno entro il 2050. Non poco, se pensiamo che la domanda cumulativa dal 2005 al 2021 è stata di poco superiore a 1,7 miliardi di tonnellate”.
Numeri importanti, certo, che però non bastano a rispondere a una domanda fondamentale: davvero questo mercato sarà sufficiente a calmierare gli effetti negativi del climate change?
“Sebbene il VMC sia certamente uno strumento positivo, l’aumento della domanda di crediti di carbonio da solo non fermerà il cambiamento climatico. Il VCM e il suo uso a oggi è ancora limitato alle grandi organizzazioni; caratterizzato da prezzi non sempre chiari e da inefficienze del mercato. Quello che dovremmo essere in grado di fare perché il VMC possa rappresentare davvero una soluzione sarebbe aprire questo mercato al grande pubblico; migliorandone l’efficienza; ed è proprio qui che entra in gioco il Web 3.0”.
Cosa ci possiamo aspettare dalla collaborazione fra la Celo Foundation e il Climate Collective, la coalizione di aziende che usano proprio il Web 3.0 per promuovere azioni concrete contro il cambiamento climatico?
“Climate Collective è nata nell’ottobre 2021, in un momento in cui il VCM stava vivendo una crescita senza precedenti, e stava per superare il miliardo di dollari in transazioni e si pone già obiettivi ambiziosi. Il primo è destinare fino al 40% della riserva di Celo ad attività che tutelino il capitale naturale”.
Celo ha all’attivo tre criptovalute legate al valore delle monete reali, il che le rende meno volatili. Le stablecoin di Celo sono il cUSD, ancorato al valore del dollaro USA; il cEUR, ancorato al valore dell’euro; e il cREAL ancorato al Real brasiliano: in che modo Celo vincola la sua riserva alla salvaguardia del capitale naturale?
“La riserva di Celo sostiene le stablecoin native della sua blockchain. Tutte le stablecoin sono supportate dalla Celo Reserve, che detiene un paniere di risorse digitali, inclusi i crediti di carbonio tokenizzati. Con l’aumento della domanda di criptovalute di Celo, la riserva acquista nuove attività in grado di compensare le emissioni; generando così una domanda continua e incrementale di crediti di carbonio e agendo come un acquirente su larga scala sul VCM”.
State già avendo i primi frutti?
“Ad aprile 2022, le riserve possedute ammontavano a circa 700 milioni di dollari – dicono da Celo – con un massimo dello 0,5% assegnato a crediti di carbonio. Attraverso l’iniziativa Climate Collective, questa dotazione potrebbe ampliarsi notevolmente nei prossimi anni”.
Torniamo un attimo alla nuova era del web decentralizzato che corre sulla blockchain e che sfugge al monopolio delle big tech. In che modo il Web 3.0 può giocare un ruolo decisivo in questo nuovo percorso di sostenibilità che si basa sul mercato di crediti di carbonio?
“La tecnologia Web 3.0 può aiutare ad affrontare i punti deboli strutturali del VCM; ovvero le inefficienze del mercato e la liquidità limitata che storicamente hanno ostacolato una partecipazione su larga scala. Diversi membri del Climate Collective operano proprio nell’intersezione tra VCM e web3; portando i crediti di carbonio sulla blockchain e facilitando così l’accesso degli utenti a nuove soluzioni per contrastare il cambiamento climatico”.
Insomma, la “valorizzazione” dei crediti di carbonio e il mercato che ne consegue potrebbero rappresentare una soluzione contro gli effetti del cambiamento climatico, ma a che punto siamo perché ciò si realizzi concretamente?
“L’attività del VCM attualmente rappresenta solo una piccola parte del potenziale del Web 3.0. Un mercato che però è in piena e costante evoluzione tecnologica; ed è per questo che è possibile ritenere che il web 3.0 rappresenti la vera chiave di volta per il VCM per attrarre nuovi acquirenti e con essi nuovi sviluppatori di progetti; stimolando così un’azione immediata ed estremamente necessaria per contrastare con azioni concrete il cambiamento climatico”.