Due aspetti inscindibili tra loro e strettamente collegati che rappresentano con un messaggio sempre attuale per la nostra Repubblica”.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha reso omaggio a Enrico Berlinguer in una cerimonia all’Università di Sassari parlando dello storico segretari del Pci come di un “protagonista della vita del Paese che ha dimostrato un profondo rispetto per la costituzione e le sue regole e un’attenzione morale costantemente espressa e sollecitata.
Cento anni fa, il 25 maggio 1922, nasceva a Sassari Enrico Berlinguer, l’uomo destinato a entrare nella storia del Partito Comunista, che sotto la sua guida toccò il massimo consenso elettorale con il 34,4% nel 1976, e della Repubblica italiana.
L’uomo del “compromesso storico” con la Dc, l’uomo che seppe tracciare un solco fra il comunismo italiano e quello sovietico. Su di lui si è scritto e detto tutto, complimenti e critiche. Enzo Biagi di lui disse, “è uno dei pochi politici che mantiene la parola”. Roberto Benigni, a una celebre manifestazione del Fgci a Roma nel 1983, lo prese in braccio sul palco, rendendolo, se mai ci fosse stato bisogno, ancora più popolare e umano, e disse, “Questo è un comunista autentico”.
Un destino scritto dalla nascita quello di Berlinguer, figlio di Mario, avvocato fervente antifascista, compagno di scuola di Palmiro Togliatti e poi senatore socialista. Un destino che il giovane Enrico seppe plasmare con le proprie mani, con il proprio carattere e con una intelligenza politica fuori dal comune. Dopo la gioventù trascorsa a Sassari, con la maturità conseguita al Liceo Azuni, lo stesso frequentato dai due presidenti della Repubblica, Antonio Segni e Francesco Cossiga, Berlinguer si trasferisce a Roma. Non prima però di essere stato incarcerato per 4 mesi, dal gennaio del 1944 con l’accusa di essere l’istigatore dei moti del pane.