Sostenibilità: con la pandemia l’Italia ha perso posizioni in Europa. A dirlo è uno studio dell’Asvis, che mette a confronto 27 Paesi dell’UE.
L’Italia ha perso posizioni in Europa in tema di sostenibilità. Lo rileva uno studio dell’Asvis – Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Che basandosi su dati Eurostat ha messo a confronto i 27 Paesi dell’Unione Europea in una prospettiva decennale.
Il nostro è penultimo tra i Paesi UE per gli Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. In materia di lavoro, disuguaglianze, pace, giustizia e istituzioni solide. L’Italia è sotto la media UE anche per contrasto alla povertà, istruzione, acqua, imprese. Ma anche infrastrutture, territori, cooperazione. Positiva invece la situazione relativa ai Goal sull’agricoltura e sul consumo e la produzione responsabile.
L’ultimo decennio passato è stato caratterizzato soprattutto nei Paesi occidentali da una forte stagnazione economica. Ma anche da importanti problematiche ambientali. E dal perdurare di disuguaglianze sociali ed economiche a cui non si sono date le opportune risposte tramite nuove politiche sociali ed economiche. La crisi epidemiologica Covid-19 ha dimostrato al mondo l’evidente vulnerabilità di tutto l’ecosistema naturale. Soggetto a sempre più forti pressioni ambientali e climatiche cui è necessario dare rapidamente risposte.
La richiesta popolare di politiche pubbliche e private che promuovano lo sviluppo sostenibile è forte. Proprio perché la crisi ha messo in luce le profonde interazioni tra le dimensioni ambientale, sociale, economica e istituzionale nel nostro mondo. Tali politiche dovrebbero avanzare proposte concrete e fattibili. A partire dall’inclusione del principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione (Asvis 2020).
Con l’avvio della Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen, l‘Agenda 2030 è diventato un pilastro centrale dell’azione politica dell’Unione europea in tema di sostenibilità. Gli obiettivi al 2030 della commissione sono ambiziosi. E prevedono una riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990). Nonchè una quota almeno del 32% di energia rinnovabile stando ai livelli di miglioramento almeno del 32,5% dell’efficienza energetica.