Nella classifica dell’Indice sul gender gap l’Italia risulta 14esima tra i Paesi dell’Unione Europea: posizioni manageriali femminili al 28%.
“La certificazione della parità di genere è uno strumento virtuoso capace di creare una cultura aziendale e manageriale che armonizza il principio delle pari opportunità”. Dice Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy.
Nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato da EIGE (European Institute for Gender Equality), l’Italia risulta 14esima tra i Paesi dell’Unione Europea. Non solo. Da quanto emerso dal workshop “Politiche di genere per imprese e manager. Azioni e strumenti” organizzato da 4.Manager – l’Associazione costituita da Confindustria e Federmanager – emerge che le posizioni manageriali femminili sono ferme al 28% del totale. E che la quota si riduce al 19% se consideriamo le posizioni regolate da un contratto da dirigente. Seppur il 31% delle imprese stia adottando strategie significative per favorire la convergenza lavorativa tra uomini e donne.
Per contrastare le molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne, nel PNRR il Governo ha annunciato l’adozione di una Strategia nazionale 2021-2026. In coerenza con la Strategia per la parità di genere 2020-2025 adottata dalla Commissione europea per la parità di genere. Questa strategia si propone di raggiungere entro il 2026 l’incremento di 5 punti nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere.
In quest’ottica rientra la nuova legge per la parità retributiva del 1° gennaio 2022 che ha istituito il Sistema Nazionale di Certificazione della Parità di Genere. Per il quale il PNRR ha stanziato 10 milioni di euro. Il possesso della certificazione prevede lo sgravio contributivo dell’1% sui contributi fino a 50mila euro all’anno. Ancora, un punteggio premiale per la concessione di aiuti di stato e/o finanziamenti pubblici in genere. E un miglior posizionamento in graduatoria nei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture.
Si tratta di uno strumento innovativo che le aziende già avviate verso una transizione sostenibile cominciano ad apprezzare riconoscendone diversi benefici.
Il 31% delle imprese sta adottando strategie significative per favorire la convergenza lavorativa tra uomini e donne, in particolare con interventi virtuosi. Il 15,7% per favorire la genitorialità. Il 13,9% per la formazione. Poi, il 13% per la parità dei ruoli apicali. Infine l’8,3% a favore della parità salariale.
Le grandi e medie imprese che hanno già avviato la transizione verso la sostenibilità e sono a conoscenza del Sistema di Certificazione della parità di genere sono pari al 69%. Mentre le piccole si fermano al 57%.
“La certificazione della parità di genere è uno strumento virtuoso. Capace di innescare meccanismi dinamici attraverso il raggiungimento di obiettivi che creano valore economico. Ma favoriscono anche il superamento delle disparità di genere. E creano una cultura aziendale e manageriale che armonizza il principio delle pari opportunità”. Commenta Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy.