Toilet, il nuovo film di Gabriele Pignotta, guida gli spettatori all’interno di un mondo claustrofobico e surreale: una toilette pubblica
Un Toilet, Gabriele Pignotta racconta di la giornata di Flavio Bretagna, uomo d’affari che, mentre si reca ad un appuntamento di lavoro, si ritrova chiuso nel bagno di un’area di sevizio in disuso, sperduto e irrintracciabile. La vita però, prosegue anche senza di lui.
Mancano sei ora all’appuntamento professionale più importante della vita di Fabio Bretagna. Da quando Bretagna esce di casa, tutto è in salita. Il telefono è la chiave di volta della pellicola. Notifiche, messaggi, vocali, chiamate, bersagliano il protagonista durante il lungo viaggio in autostrada fino all’autogrill. Il fiato sul proprio collo, mille pressioni dalla famiglia e poco tempo per pressare a sua volta altri collaboratori.
Quando la tregua sembra essere a portata di mano, quando finalmente giunge in una area di servizio isolata e sperduta, non proprio nei pressi dell’autostrada per Bretagna è l’inizio della fine. L’impellenza. Soddisfare le funzioni fisiologiche porterà a delle conseguenze che Bretagna potrebbe dover pagare a caro prezzo.
La porta del bagno dell’area di servizio è infatti rimasta bloccata e, come in una escape room, Bretagna dovrà trovare la via d’uscita prima che sia troppo tardi, prima che l’affare della sua vita sfumi senza che lui possa nemmeno presentarsi.
Inizia così la mattina dell’orrore per Bretagna, durante la quale oltre agli affari professionali, lo sfortunato agente di commercio deve anche destreggiarsi, tra l’ex moglie, la sua segretaria, soci in affari, clienti, l’ex moglie e la figlia piccola (di cui ricorre proprio durante la giornata il compleanno) e ovviamente il proprio smartphone, che sottoposto a performance rovente, esaurisce la batteria. Oltretutto, all’interno della stazione di servizio, non c’è copertura internet e quindi non è possibile inviare la propria posizione a nessun contatto, visto che Bretagna, distratto proprio dallo smartphone, non ha tenuto conto delle indicazioni del navigatore e non ricorda quale uscita dell’autostrada ha imboccato per raggiungere la stazione di servizio e non ha punti di riferimento. Bretagna quindi, non sa dov’è e non sa come uscire da questa situazione. L’unico strumento a disposizione e proprio lo smartphone.
Bretagna ha a che fare anche con quella cultura tipica dei bagni pubblici e in particolar modo delle stazioni di servizio, vale a dire le scritte sui muri e i numeri di telefono a sfondo erotico, che potrebbero essere un’ultima ancora di salvezza per risalire alla propria posizione. O forse solo un’ennesima fonte di rabbia e di crisi isterica.
La regia di Pignotta è abile nel mantenere alta la tensione e l’interesse del pubblico. La scenografia minimalista della toilette, con i suoi dettagli realistici, diventa quasi un terzo protagonista del film, accentuando il senso di oppressione e di attesa.
Gabriele Pignotta riesce a esprimere un’ampia gamma di emozioni, dal comico al tragico, mantenendo sempre una certa autenticità, riuscendo a veicolare sapientemente elementi di commedia e dramma, evitando i cliché e mantenendo una freschezza narrativa, che è il marchio di fabbrica di Pignotta.
Toilet è un film che sorprende per la sua originalità e per la profondità dei temi trattati. Gabriele Pignotta dimostra ancora una volta di essere un regista capace di innovare e di offrire uno sguardo unico sulla realtà. Un’opera che merita di essere vista e apprezzata per la sua capacità di intrattenere e, al contempo, di far riflettere.