Kamkari, regista curdo-iraniano, ha presentato “Kurdbûn. Essere curdo” tra lo sgomento dei presenti al Festival Lussu
Fariborz Kamkari, regista curdo-iraniano, ha presentato venerdì 30 settembre, nella serata d’apertura del Festival Premio Emilio Lussu – VIII edizione, il suo documentario “Kurdbûn. Essere curdo”, per scalfire il muro di silenzio intorno alla tragedia della sua gente. Il massacro sistematico di un popolo avviene nell’indifferenza generale, sotto i colpi dei carri armati e dei mortai, e gli spari dei cecchini che non risparmiano nessuno. Sono immagini strazianti, un pugno nello stomaco lungo novanta minuti.
Kamkari ha raccontato questa storia di resistenza quotidiana del suo popolo, presentando anche il suo ultimo libro “Ritorno in Iran” (La nave di Teseo, 2022) assieme a Elisabetta Balduzzi e dialogando con il direttore artistico Alessandro Macis. Una storia di resistenza che anche per lui è iniziata giovanissimo, quando fu arrestato in Iran a sedici anni solo per aver posseduto un libro di Antonio Gramsci. Ieri, Sabato 1 ottobre, si è tenuta nella Sala Castello dell’Hotel Regina Margherita la cerimonia di premiazione del Festival Lussu.
Fariborz Kamkari
Sceneggiatore e regista. Curdo nato in Iran, ha studiato Letteratura Drammatica a Teheran e, nel 1994, Cinema ad Amsterdam. Ha scritto e diretto numerosi cortometraggi, ha sceneggiato per il cinema e la TV, prima del suo debutto cinematografico con il film “Black Tape, a Tehran Diary” (2002), cui sono seguiti “The Forbidden Chapter” (2005) e “I Fiori di Kirkuk” (2010, da cui il romanzo omonimo pubblicato da Cooper), presentato in concorso alla V edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. È azionista di FAR out FILMS e vive tra l’Italia e il Kurdistan.