Esperti, i trapianti di cornea mini-invasivi garantiscono un recupero vista più duraturo e un raro rischio di rigetto
Italia “eccellenza mondiale” per i trapianti di cornea: oltre il 60% degli interventi è mini-invasivo, il recupero della vista è più duraturo e con raro rischio di rigetto.
A sottolinearlo sono gli esperti della Società Internazionale Cornea, Cellule Staminali e Superficie Oculare (SICCSO) e della Società Italiana Scienze Oftalmologiche (SISO) in occasione del Congresso mondiale sulla Cornea e del Forum della Banca degli Occhi, in corso a Chicago.
Dei circa 7000 trapianti di cornea eseguiti in Italia ogni anno, il 60% (4000) sono mini-invasivi, realizzati cioè con tecniche selettive o “lamellari” che consentono la sostituzione dei soli strati corneali effettivamente compromessi, preservando quelli funzionalmente non danneggiati.
Le dichiarazioni
“Sostituire la porzione di cornea malata rispettando il più possibile l’anatomia dell’occhio, è lo scopo delle nuove metodiche di trapianto, tra cui l’ultima novità è rappresentata dal trapianto corneale lamellare anteriore chiamato DALK”, afferma Vincenzo Sarnicola, presidente della SICCSO e membro del consiglio direttivo della SISO.
Questo intervento consiste nella sostituzione del solo foglietto intermedio della cornea, al posto di tutta la cornea ed è indicato nelle patologie corneali che non attaccano gli strati più profondi. Prima fra tutte il cheratocono nelle sue fasi avanzate, una malattia che colpisce i giovani adolescenti con una progressiva deformazione della forma della cornea e grave deficit visivo.
Oggi grazie alla DALK, sottolinea Sarnicola, “è possibile sostituire solo lo strato di cornea malato, lasciando intatto il resto. L’intervento quindi risulta molto meno invasivo con grandi vantaggi per il paziente”. Essendo minore la porzione del tessuto trapiantato, il rischio di complicanze durante l’operazione è quasi azzerato. “Il risultato è più duraturo, con alte percentuali che il recupero della vista resti ottimale per tutta la vita, perché il rischio di rigetto è raro: appena il 4% contro il 30% dell’intervento tradizionale“, conclude Sarnicola.