Tra i protagonisti della Sharper Night troviamo la professoressa Cristina Cabras, delegata del rettore per il Polo Universitario Penitenziario.
Torna a Cagliari la Sharper night – Notte Europea dei Ricercatori con una serie di attività rivolte ad un pubblico di tutte le età. Grandi e piccoli curiosi coinvolti nella scoperta del mestiere di ricercatore. Il progetto SHARPER nasce per rispondere all’esigenza di valorizzare la figura dei ricercatori e delle ricercatrici e il loro ruolo nella società. Per raggiungere questo obiettivo l’idea centrale dei promotori di Sharper è stata, fin dal 2013, quella di interpretare la notte come un’opportunità di festa. Per condividere con il grande pubblico le passioni che animano i ricercatori nel proprio lavoro scoprendo che queste passioni sono comuni a chiunque.
Gli eventi
Uno dei tanti eventi che si tengono a Cagliari è “Alla Scoperta della Ricerca in UniCa”, presso la Casa circondariale di Uta e l’Istituto Penitenziario di Massama. L’evento si colloca all’interno delle attività promosse dalla Conferenza Nazionale dei Delegati dei Rettori dei Poli Universitari Penitenziari (CNUPP).
L’Università degli Studi di Cagliari e il suo Polo Universitario Penitenziario favorisce la partecipazione delle persone detenute alla European Researchers Night. Creando all’interno degli Istituti Penitenziari uno spazio di condivisione e divulgazione dei risultati della ricerca scientifica. Il programma prevede l’intervento dei docenti e delle docenti afferenti ai vari Dipartimenti di UNICA. Che presenteranno le loro attività di ricerca alle persone in stato di reclusione e alle operatrici e operatori penitenziari. Durante l’evento, interviene la professoressa Cristina Cabras, del Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia.
All’Orto Botanico di Cagliari, invece, si tiene il talk “Fare ricerca in carcere e sul carcere: nuovi scenari per l’esecuzione della pena“. Anche questo evento si colloca all’interno delle attività promosse dalla Conferenza Nazionale dei Delegati dei Rettori dei Poli Universitari Penitenziari (CNUPP). E vede la presentazione dei risultati dello studio “La ricerca universitaria in e sul carcere”. Realizzata con il coordinamento di Cristina Cabras, delegata del Polo Universitario Penitenziario.
Professoressa Cristina Cabras
Tra i protagonisti di entrambi gli eventi troviamo Cristina Cabras. Professoressa associata di Psicologia sociale, delle organizzazioni e del lavoro, è docente di Psicologia criminale e forense e di Psicologia sociale nei corsi di Psicologia dell’Università di Cagliari. Dal 2014 dirige il master in Parità di genere dell’Università di Cagliari. Coordinatrice scientifica di progetti nazionali, dal 2005 al 2011 è stata direttore del master in Psicologia forense e criminologia di UniCa. Membro di comitati accademici nazionali e internazionali (Apa, Spsp, Aip, Esc, Sio).
Oltre a numerose pubblicazioni scientifiche, la professoressa Cabras ha partecipato all’organizzazione di convegni e congressi a livello regionale e nazionale quale coordinatore scientifico, membro del comitato scientifico, membro del comitato organizzatore. Gli attuali interessi di ricerca comprendono le differenze di genere, i fattori di rischio sull’esclusione sociale, la valutazione del rischio di recidiva, il trattamento criminologico dei detenuti. È inoltre delegata del Rettore per il Polo Universitario Penitenziario.
Durante uno degli eventi di Sharper 2022 sono stati presentati i risultati dello studio “La ricerca universitaria in e sul carcere”, da lei coordinato. In cosa consiste e qual è il fine di questo studio?
Si tratta di uno studio condotto a livello nazionale. In quanto parte della Conferenza Nazionale dei delegati dei Rettori dei Poli Universitari penitenziari (CNUPP), mi è stato affidato il coordinamento di un gruppo ricerca. Il quale si occupa di svolgere ricerche relative alla situazione delle persone che studiano in carcere. In una prima fase, abbiamo valutato i risultati delle ricerche finanziate realizzate nelle università che aderiscono alla CNUPP. I risultati hanno evidenziato che tali ricerche riguardano solo alcuni settori scientifico – disciplinari delle università. Nello specifico, il settore di medicina e quello di architettura. È un risultato che sorprende. Mi sarei aspettata che i settori prevalenti fossero quello giuridico, pedogogico o psicologico. Ciò significa che c’è poca attenzione da parte di questi ambiti disciplinari verso un tema molto importante. Ma è un punto di partenza: solleciteremo le ricerche nei settori più carenti.
La ricerca sul carcere potrebbe contribuire a migliorare la finalità rieducativa della pena, principio costituzionalmente riconosciuto. Quali sono i punti critici da questo punto di vista?
La ricerca in e sul carcere ha proprio questo fine. Aumentare la conoscenza su certe dinamiche interne al carcere e migliorare l’efficacia dei trattamenti realizzati in ambito carcerario ed extra carcerario. Ricordiamo, infatti, che più del 70% delle persone condannate trascorre il periodo di esecuzione della pena fuori dagli istituti penitenziari, attraverso misure alternative. Dunque, attraverso la ricerca, vogliamo valutare i punti di criticità ma anche i punti di forza delle varie strategie di intervento. Arrivando ad un miglioramento delle condizioni di vita dentro il carcere ma anche delle condizioni di lavoro. Non dimentichiamo che all’interno delle carceri lavorano diverse figure professionali. Che sono interessate ad aumentare la conoscenza riguardo queste realtà.
Lei è la delegata del Rettore per il Polo Universitario Penitenziario. Che importanza ha lo sviluppo di iniziative di promozione culturale all’interno delle carceri?
In primis, il nostro obbiettivo è garantire il diritto allo studio. Studenti e studentesse che si trovano in uno stato di privazione della libertà hanno come qualunque altro cittadino il diritto allo studio. Compreso quello universitario. Ciò avviene grazie alla disponibilità di colleghi e colleghe che lavorano affinché tali individui possano avvalersi di questo diritto. Ovviamente fondamentale è il supporto di tutti gli operatori penitenziari. Il corpo di polizia penitenziaria facilita i rapporti coi detenuti. Soprattutto nel carcere di Massama, dove è presente il carcere di massima sicurezza. Infatti, non sarebbe possibile effettuare nessun collegamento con i soggetti reclusi se non in presenza della polizia penitenziaria. Riguardo al carcere di Uta, invece, la situazione è meno critica in relazione ai livelli di sicurezza che devono essere rispettati. Ma anche qua, sono sempre presenti i membri della polizia penitenziaria nonché educatori ed educatrici che gestiscono il collegamento online.
Inoltre, è importante anche l’aiuto dei tutor e delle tutor universitari/e che mi aiutano nel reperimento del materiale necessario per la preparazione degli esami. Ad esempio, recuperando gli appunti delle lezioni così che anche gli studenti detenuti possano prepararsi al meglio. Un lavoro difficile ma che da la sue soddisfazioni. Recentemente, c’è stato il primo laureato. Un detenuto in alta sicurezza che ha conseguito il titolo in Economia e Gestione dei servizi turistici.
L’Università di Cagliari si è impegnata anche nell’organizzazione di giornate di orientamento negli istituti di pena. Professoressa, crede che questi progetti abbiano riscosso successo tra i detenuti? Se sì, quali sono le aree di studio cui sono particolarmente interessati?
Insieme alla prorettrice per l’orientamento Onnis abbiamo organizzato delle giornate di orientamento sia nel carcere di Uta che in quello di Massama. Coadiuvate anche dalla collega Petretto, che si occupa dell’inclusione. La risposta è stata assolutamente positiva. Abbiamo assistito ad un incremento quasi dell’80% delle iscrizioni rispetto allo scorso anno. Vi sono diversi corsi di laurea che attraggono i detenuti. Ad esempio, il corso di Economia e Gestione dei servizi per il turismo. Che evidentemente evoca anche delle sensazioni positive per chi si trova in stato di reclusione. C’è stato un buon numero di iscrizioni anche al corso di Beni culturali. Così come anche nei corsi in Lingue e Comunicazione e nel polo giuridico. Ha avuto successo anche il corso di laurea in Ingegneria ambientale e del territorio. Viste anche le ricadute che può avere nella vita stessa dei detenuti, con interventi all’interno degli istituti penitenziari.
Ci sono nuovi progetti che l’Università di Cagliari ha in programma per garantire il diritto allo studio degli istituti detentivi dell’hinterland?
In primo luogo, stiamo cercando di ottenere dal Ministero della giustizia l’autorizzazione ad acquistare dei software. Che permetteranno a studenti e studentesse in stato di privazione della libertà di accedere ai siti web dell’Università. Così da poter monitorare programmi, lezioni e tutto ciò che viene inserito nella pagina docente. E permettere l’accesso alle pagine di Esse3, consultare le informazioni relative agli esami o lo stesso libretto.
In secondo luogo, abbiamo bisogno di potenziare il numero di tutor. Con un incremento tale delle iscrizioni abbiamo bisogno di persone che ci aiutino e supportino i nuovi studenti che si trovano in stato di reclusione. Sia nello studio, dunque fornendo il materiale necessario, sia nei rapporti coi docenti, che devono essere contattati.
Inoltre, stiamo procedendo in questi giorni all’organizzazione di una proposta seminariale, che partirà nei primi di Novembre. Seminari che saranno rivolti alle persone in stato detentivo, indipendentemente che siano iscritti all’Università, e tratteranno argomenti di vario genere. Saranno tenuti da colleghi e colleghe che vogliono creare momenti di approfondimento e di stimolo intellettivo, per mantenere viva l’attività culturale all’interno degli istituti penitenziari. Gli stessi colleghi hanno partecipato alla Sharper Night 2022 tenutasi all’Orto Botanico proponendo progetti per il nuovo anno accademico, rivolti alle detenute e ai detenuti. Un grande entusiasmo dunque da parte dell’Università di Cagliari.