Secondo uno studio dell’ONG International Rescue Committee (IRC), nel 2023 il cambiamento climatico accelererà le crisi umanitarie in tutto il mondo, aggiungendosi ai problemi creati dai conflitti armati e dalle crisi economiche. Il cambiamento climatico è tra i fattori chiave che accelerano le emergenze umanitarie, ha osservato l’IRC, nonostante il fatto che i 20 Paesi che sono considerati più a rischio – come Haiti e Afghanistan – contribuiscano solo per il 2% alle emissioni globali di CO2.
La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change o UNFCCC) utilizza il termine “mutamenti climatici” solo per riferirsi ai cambiamenti climatici prodotti dall’uomo e quello di “variabilità climatica” per quello generato da cause naturali. In alcuni casi, per riferirsi ai mutamenti climatici di origine antropica si utilizza l’espressione “mutamenti climatici antropogenici”. Secondo il Glossario Dinamico ISPRA-CATAP, per “cambiamenti climatici” si intende qualsiasi cambiamento di clima attribuito direttamente o indirettamente ad attività umane, il quale altera la composizione dell’atmosfera mondiale e si aggiunge alla variabilità naturale del clima osservata in periodi di tempo comparabili.
L’estate del 2022 è stata la più calda della storia in Europa. Per questo che nasce la preoccupazione che nel 2023 ci sia una vera e propria crisi sociale. Il mese di luglio ha fatto registrare 2,26 gradi centigradi in più rispetto alla media italiana dal 1800, anno da cui si registrano i dati.
Le misurazioni strumentali, la frequenza e la violenza di eventi climatici che stiamo osservando, i cambiamenti nei comportamenti, nelle abitudini migratorie e riproduttive di molte specie animali e vegetali lasciano poco spazio a interpretazioni: la crisi climatica è ormai un dato di fatto.