Gli atenei australiani in lotta con l’AI: per evitare imbrogli si pensa a più esami orali e progetti di laboratorio. Ma è giusto eliminare l’AI dai corsi di studi?
Torna alla ribalta la questione dell’intelligenza artificiale (AI) in relazione al mondo accademico e, in particolare, circa il suo utilizzo da parte degli utenti per scrivere testi. Ne avevamo già parlato qualche mese fa, prendendo spunto da una conversazione fra studenti udita dalla storia Carla Ionescu sul tema.
Ora il monito arriva dall’altra parte del pianeta. Le otto principali università australiane hanno dichiarato di aver rivisto le modalità di svolgimento delle valutazioni proprio a causa di questa tecnologia, ritenendo che una riprogettazione sia fondamentale per cercare di anticipare gli sviluppi dell’intelligenza artificiale.
In Australia si prevede quindi un ritorno a carta e penna per gli esami, soluzione drastica il cui fine è proprio quello di evitare di incappare in testi prodotti da una macchina anziché dagli studenti. Ad esempio, l’Università di Sidney ha aggiornato la propria policy, esplicitando che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la generazione di contenuti è equiparata a una vera e propria forma di imbroglio.
Australian National University
L’Australian National University ha modificato i progetti di valutazione prediligendo l’affidamento ad attività di laboratorio e lavoro sul campo, modificando la durata degli esami e introducendo un numero più alto di esami orali. La Flinders University è stata una delle prime a istituire una policy specifica contro i raggiri generati dai computer, nel timore che i sempre più sofisticati generatori di testi siano in grado di redigere elaborati convincenti il cui rilevamento sia un compito sempre più difficile.
Tuttavia, anziché proibire agli studenti l’utilizzo di questi innovativi mezzi tecnologici, ci si chiede se non sia meglio assisterli, a livello accademico, per comprenderne il corretto utilizzo anche in supporto allo studio e al percorso universitario. D’altronde strumenti di questo tipo saranno sempre più presenti nel nostro quotidiano e una modernizzazione del mondo accademico in questo senso lo avvicinerebbe sempre di più agli standard aziendali. Sembra, infatti, del tutto incoerente una proibizione totale dell’utilizzo dell’AI nel mondo dell’istruzione, quando gli stessi studenti si troveranno, a distanza di pochi anni o addirittura mesi, a doversi inserire in un contesto lavorativo in cui le medesime tecnologie vengono invece ampiamente utilizzate.
Il digital marketing
Pensiamo all’universo del digital marketing e del gaming, due sfere lavorative che sono fra quelle più in auge fra i Millennials e la Generazione Z proprio per l’affinità esistente in termini di interessi, competenze, temi e modalità lavorative. In queste economie l’impiego dell’intelligenza artificiale è ormai consuetudine e gli ottimi risultati a cui ha condotto – esempio lampante le strategie nell’ideazione di bonus differenziati – promettono un utilizzo sempre maggiore anche nel futuro più prossimo.
E visti i frutti a cui ha portato la capacità analitica dell’AI, in grado di elaborare un’enorme quantità di dati e di trarre da essi modelli personalizzati, non è azzardato prevedere che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa apporterà ulteriori migliorie ai settori di mercato più evoluti.
Che saranno, verosimilmente, anche quelli più appetibili per gli studenti universitari di oggi. Dunque, ha senso proibire oggil’impiego di una tecnologia sulla quale sarà loro richiesto di lavorare domani?