Martedì Grasso ha visto l’edizione 2023 del Carnevale torpeino, una straordinaria festa di popolo, dove le antiche maschere della tradizione hanno ravvivato il clima respirato lungo le vie del paese.
Il corteo, che è partito dalla periferia ovest, lungo la provinciale 24 in prossimità della Madonnina, ha raggiunto il cuore del paese ingrossando sempre di più le proprie fila man mano che procedeva.
Centinaia di partecipanti in maschera hanno accompagnato il rogo finale de “Su Maimone de Carrasegare”, un fantoccio che rappresenta il male e “la malasorte”, come dicono a Torpè, capace di accanirsi verso uomini e cose.
Le fiamme che hanno avvolto e distrutto questo simbolo arcaico di sofferenza e cattiverie si sono portate via le cose negative, in cui più o meno un po’ tutti possono essere incappati, con l’augurio che la prossima stagione sia decisamente migliore.
Le maschere della festa carnevalesca
Le maschere hanno animato la festa carnevalesca, tanto temute dai bambini nell’antica tradizione popolare di questi territori: da “sa Mama de su sole” a “sa Mama de su entu”, da “Maria Pettenedda” a “Maria Lettolu”, da “Sas Panas” alla tipica e unica maschera de “su Cavalieri”, che rappresenta un soldato turco giunto sulle coste della Sardegna e che a Torpè era sinonimo di baldanza, forza e bellezza dei giovani balentes locali. E quindi le maschere dei cacciatori e delle figure mitologiche in un misto tra uomo e animale come su “Voe Guttu”.
Il sindaco di Torpè, Martino Sanna, ha partecipato alla sfilata degli abiti tradizionali delle donne di Baronia e ha espresso la sua soddisfazione per la straordinaria partecipazione manifestata dalla comunità.
La festa ha riportato, con orgoglio e passione, al centro del percorso di valorizzazione delle tradizioni e della cultura locale una serie di spaccati della storia pagana e popolare che rischiavano di scomparire per sempre.
Come amministrazione comunale, si crede che il recupero dell’identità di Torpè, in collaborazione con associazioni e cittadini, sia il modo migliore per proporci al mondo, sapendo che la sfida più grande della globalizzazione la possiamo vincere e abbracciare anche attraverso la conoscenza e la consapevolezza di ciò che siamo stati. In questo modo, si può rafforzare la comunità, creare coesione e garantire la conservazione delle antiche tradizioni.