“90 secondi” e la terra ha dato origine all’evento sismico più grave della recente storia italiana.
La domenica del 23 novembre del 1980 alle ore 19.34 una scossa di magnitudo 6.9 della durata di 90 secondi colpì il Sud Italia. Un territorio che si estendeva dall’Irpinia al Vulture, l’area centro-meridionale della penisola e provocando crolli di edifici lesionati o fatiscenti persino a Napoli. Il sisma, a 30 km di profondità, cavalcò una faglia lunga circa 60 km e larga 15 e la frattura raggiunse la superficie rendendosi ben visibile per 35 km circa.
Il sisma dell’Irpinia provocò 280.000 sfollati, quasi 9.000 feriti e circa 3.000 vittime.
La gravità della situazione si comprese solo a notte inoltrata, complice anche la totale interruzione delle telecomunicazioni, che impedì di lanciare l’allarme nelle zone colpite dell’ Irpinia. Col trascorrere delle ore, uno dopo l’altro, si aggiungevano i nomi dei comuni colpiti, dei centri urbani danneggiati o cancellati.
I dati sismologici evidenziarono un movimento di tipo “estensionale” della faglia responsabile del terremoto, in contrasto con le conoscenze geologiche dell’epoca. Negli anni a seguire, infatti, i dati raccolti sui numerosi eventi sismici della catena appenninica, diedero conferma che il processo prevalente è proprio l’estensione della penisola.
Oltre l’instabilità edilizia, un elemento che aggravò ulteriormente gli effetti del sisma in Irpinia fu il ritardo e l’inadempienza dei soccorsi. Ciò fu duramente denunciato dall’allora Capo dello Stato Sandro Pertini, che con il suo discorso, nei giorni successivi, riuscì a mobilitare migliaia di volontari.
I minuti scorrono quasi in maniera impercettibile in una quotidianità sempre troppo fitta di impegni. Eppure alla terra è stato sufficiente poco più di un minuto per stravolgere la vita di migliaia di persone dando origine all’evento sismico più grave della recente storia italiana. Il ricordo di quella notte risuonerà per sempre nella mente di chi miracolosamente è riuscito a sopravvivere.