Tra meno di 30 anni consumeremo quasi il doppio della plastica. Urge un trattato vincolante per limitarne l’uso.
L’uso della plastica nei Paesi del G20, compresa quindi l’Italia, è destinato quasi a raddoppiare entro il 2050. L’allarme arriva da una nuova ricerca, e mostra ancora una volta quanto sia urgente elaborare un trattato globale vincolante per ridurre il consumo della plastica.
L’accordo per stilare il trattato è già stato trovato circa un anno fa, ed è stato accolto con entusiasmo come il più importante, per l’ambiente, dai tempi di Parigi. I lavori sono poi iniziati nel novembre 2022 in Uruguay: hanno aderito ben 175 Paesi e l’obiettivo dei negoziati è quello di redigere il trattato, giuridicamente vincolante, entro la fine dell’anno.
«Non possiamo illuderci che i negoziati non siano difficili e insidiosi», ha avvertito il gruppo di ricerca di Back to Blue, che ha realizzato l’analisi. «Le probabilità di fallimento – non solo con la mancanza completa di un trattato, ma anche con un trattato troppo debole per contrastare la marea di plastica – sono considerevoli».
Se i negoziati dovessero fallire, secondo gli attuali tassi di crescita la produzione annuale di plastica nei Paesi del G20 dovrebbe salire a 451 milioni di tonnellate entro il 2050, circa tre quarti in più di quanto registrato nel 2019.
Secondo gli esperti, servono divieti più severi sulla plastica monouso, ma anche tasse di produzione più elevate e programmi obbligatori perché le aziende diventino responsabili dell’intero ciclo di vita dei loro prodotti, compreso lo smaltimento e il riciclo.
Solo riforme coraggiose e radicali potranno piegare la curva del consumo di plastica. Per ridurre l’inquinamento dalla plastica è necessario che tutte le parti interessate, dalle aziende petrolchimiche ai consumatori, controllino la crisi. Un approccio frammentario non funzionerà. Dovremmo preoccuparci della carenza dei dati sull’inquinamento degli oceani. Gli scienziati ritengono che l’inquinamento influisca pesantemente sulla salute degli oceani. Tuttavia, con pochissimi dati sull’entità e la portata dell’inquinamento marino, è impossibile saperlo con certezza. Il primo passo verso un oceano a inquinamento zero è colmare il divario dei dati. Poiché le emissioni di carbonio modificano la chimica dei mari, l’acidificazione degli oceani minaccia la vita marina e i mezzi di sussistenza dell’uomo.