La stagione di Abaco Teatro presenta Jeffrey Dahmer nello spettacolo prodotto con NudiCrudi con il suo terzo appuntamento
Domenica 5 Marzo alle 19,30, la Stagione Villaspeciosa presenta il suo terzo appuntamento, un nuovo riallestimento di Abaco Teatro e NudiCrudi dal titolo Jeffrey Dahmer il gioco delle ossa con protagonista Tiziano Polese.
La storia è ispirata alla vita del serial Killer Jeffrey Dahmer, chiamato anche il Mostro di Milwakee, colpevole di aver ucciso e smembrato diciassette uomini dal 1978 al 1991.
Scritto e diretto da Dafne Turillazzi, con alcuni testi poetici di Antonello Verachi, è uno spettacolo multidisciplinare dove si fonde il notevole lavoro dell’attore con i video realizzati per l’opera da Tonio Cireddu ideati e diretti dalla Turillazzi, in forma interattiva e multimediale con musiche dal rock alla new age.
Lo spettacolo di Jeffrey
Lo spettacolo, partendo da un Jeffrey bambino che gioca in slip e canottiera, prosegue rivestendolo mano a mano che il senso di abbandono si fa sempre più invasivo, rendendolo impermeabile ai sentimenti che pure rincorre ma che gli sfuggono, sino a indossare la divisa arancione dei detenuti.
Le immagini video sono spesso il frutto della propria mente, e Jeffrey rivede i personaggi della sua vita che gli parlano a volte come ricordi, altre come surreali figure freddamente presenti nella sua esistenza: la Madre (Rosalba Piras) dipendente dagli psicofarmaci, figura quasi assente nella sua vita, e il padre (Gerardo Ferrara) che scambiava l’inadeguatezza sociale del figlio per calma e timidezza, Konerax (Boucar Wade) una vittima, di colore, che ricorda il loro incontro.
Si intrecciano le voci della madre e delle vittime in un coro disarmonico di ottusità e superficialità. La profondità invece, arriva paradossalmente proprio da Dahmer, che racchiuso nella sua stanza e in se stesso, espone fatti e sentimenti autentici. Non è la solitudine che trasformerà Dhamer in assassino: è come deciderà di affrontarla.
La fine
La sua vicenda è una carrellata di solitudini mai risolte, partorite da un’infanzia consumata senza affetti, senza gioia, che hanno portato Jeffrey a rifugiarsi in un mondo tutto suo dove però regna la morte, perché solo chi è morto non può andarsene lasciandolo solo. L’indifferenza dei genitori, la crudeltà dei compagni di scuola, modellarono un bambino chiuso in se stesso, incapace di consolidare relazioni con l’esterno. Uccidere, impossessarsi dei corpi è il risultato estremo dell’impossibilità di avere gli “altri” in maniera diversa. Così le intricate dinamiche del desiderio e del possesso, hanno generato in Dahmer l’impulso omicida. Perché la vita richiede sforzo, impegno, conoscenza. La morte invece è assenza, è rassicurante: non ci sono domande, confronti, rifiuti. Ed è proprio quest’aspetto, quello dell’indifferenza o della pura repressione, che investe di responsabilità la collettività davanti al diverso.
Dahmer era il mostro di Miluakee. Jeffrey, un bambino da salvare.