L’Università di Cagliari partecipa a un importante studio sulle popolazioni preistoriche
Un team internazionale, composto addirittura da 125 studiosi di varie nazionalità, ha recentemente eseguito in tempi recenti uno studio sui genomi di 356 cacciatori–raccoglitori preistorici,trascorso la loro esistenza in un periodo temporale racchiuso tra 35 mila e 5 mila anni fa. Nel team di esperti anche il ricercatore dell’Università di Cagliari Vitale Sparacello.
La più imponente ricerca in questo ambito
Lo studio di stampo genetico è stato eseguito su vasta scala: la più grande serie di genomi di cacciatori–raccoglitori europei preistorici che hanno vissuto tra 35mila e 5mila anni fa che sia mai stato studiato.
La prima differenza genetica emersa nello studio
Gli individui che abitavano nell’attuale Europa tra 32mila e 24mila anni fa, seppure connesse da una cultura archeologica comune, differivano dal punto di vista genetico tra chi si trovava nella parte occidentale e sudoccidentale e chi trascorreva la sua vita nelle zone centrali e meridionali.
L’ulteriore differenza venuta fuori dalla ricerca
Queste popolazioni si estinsero dopo l’ultima era glaciale (tra 25mila e 19mila anni fa) per lasciare il posto a nuovi individui, provenienti dai Balcani, che si diffusero poi verso sud fino alla Sicilia. Il primo autore della ricerca, Cosimo Posth, dell’Università di Tübingen (Germania),chiarisce: “Con questi risultati possiamo per la prima volta affermare il pensiero che l’Europa sudoccidentale abbia dato condizioni maggiormente inclini affinché individui che erano cacciatori-raccoglitori trovassero rifugio qui”.
La sostituzione tra i magdaleniani e epigravettiani
I genomi presi in considerazione – così si evince nell’articolo su Nature – mostrano anche che i successori di questi abitanti epigravettiani della penisola italiana si diffusero in tutta Europa circa 14.000 anni fa, sostituendo le popolazioni associate alla cultura magdaleniana. I cambiamenti climatici hanno prodotto in parte questo rimpiazzo che ha obbligato le persone a migrare. I risultati dicono inoltre che non ci fu alcuno scambio genetico tra individui contemporanei ai cacciatori-raccoglitori delle due diverse zone per più di 6mila anni. Le relazioni tra popoli dell’Europa centrale e orientale sono presenti solo a partire da 8.000 anni fa.
L’apporto dell’ ateneo cagliaritano per merito dell’antropologo Vitale Sparacello
Il ricercatore, nato 44 anni fa , è un antropologo che ha la sua specializzazione in bioarcheologia. Studioso facente parte del dipartimento di Scienze della vita e dell’ambiente (Disva, diretto da Enzo Tramontano) da marzo 2021, nella sezione Neuroscienze e Antropologia ( guidato da Elisabetta Marini). Nella sua carriera professionale 15 anni di studi in ambito antropologico legato allo scheletro (Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia) e indagini sulla paleobiologia e sull’atteggiamento in campo sepolcrale degli individui che hanno trascorso la loro vita nella Caverna delle Arene Candide (Liguria occidentale) e nelle aree contigue dal Paleolitico superiore al Neolitico. Il suo apporto a codesto studio ha consentito di approfondire l’elemento della genetica all’interno dell’evoluzione in campo bio culturali degli ultimi cacciatori-raccoglitori dell’epoca glaciale. Un attività compiuta in cooperazione con l’ esperta dell’Università di Pisa Elisabetta Starnini.
Le considerazioni dello studioso a proposito di questa ricerca
“L’importanza dello ricerca è legata a diversi fattori, -afferma Sparacello -. Prima di tutto è la migliore ricerca sull’organizzazione genetica dei cacciatori-raccoglitori dell’epoca preistorica in Europa , in un periodo temporale che va da 35.000 a 5.000 anni fa. Si tratta delle persone che si trovavano in Europa prima dell’avvento dei coltivatori nel Belpaese circa 8.000 anni fa”.
Un’ ulteriore differenza emersa dalla ricerca
La ricerca ha mostrato che, nonostante tra 32.000 e 24.000 anni fa il complesso tecno-culturale chiamato Gravettiano fosse esteso in tutta Europa, vi era una notevole diversità in ambito genetico tra le persone che vivevano nell’attuale Francia e in Spagna e quelle che abitavano nel Belpaese e centro Europa.
Le sue ulteriori considerazioni
“Successivamente, nel corso dell’Ultimo Massimo Glaciale, tra 25.000 e 19.000 anni fa, siamo venuti a conoscenza che le zone del nord e centro Europa furono inospitali a seguito dell’espansione della cupola polare artica. Le popolazioni di cacciatori-raccoglitori proseguirono a vivere in zone che chiamiamo “rifugi” nella zona meridionale del Continente: l’Italia la Spagna, i Balcani. Abbiamo sempre pensato che queste tre popolazioni si fossero in seguito espanse nel continente europeo.
La sostituzione tra il pool genetico e i Gravettiani
Abbiamo però scoperto che in Italia, dopo l’Ultimo Massimo Glaciale, vi fu l’insediamento di un pool genetico probabilmente proveniente dai Balcani, che rimpiazzò quello dei “rifugiati” Gravettiani, che, a tutti gli effetti, non sopravvissero. Stranamente, questa sostituzione non si può vedere nel record archeologico, in quanto la cultura che ci fu dopo il Gravettiano in Italia viene denominata Epigravettiana, alfine di testimoniare un proseguo del passato. Il pool genetico degli Epigravettiani, a cominciare da circa 14.000 anni fa, si è diffuso in tutta Europa sostituendo a sua volta quello delle magdaleniani, che erano il proseguo dei Gravettiani nell’Europa sud occidentale.
I risultati ulteriori dalla ricerca
Lo studio, quindi, mette in evidenza una complessa vicenda fatta di differenze, espansioni e sostituzioni degli individui di cacciatori dell’ultima Era Glaciale, di cui non avremmo conoscenza senza questa tipologia di ricerche sul DNA antico. Particolarmente importanti sono le evidenze di mutamenti genetici e in particolar modo cambi, in ambiti in cui l’elemento culturale denota invece un proseguo nelle elaborazioni tecnologiche, artistiche e negli atteggiamenti funerari. Ci fa pensare, credo, sul potere della cultura di immortalare la conformità dei gruppi umani malgrado mutamenti in campo genetico”.
Lo studio proseguirà con l’approfondimento di alcuni tratti completi di tipo genomico, possibili grazie all’incredibile livello di salvaguardia di alcuni reperti.