Calo significativo dei principali inquinanti nell’aria (smog) in Italia dalla seconda metà di marzo fino ad aprile del 2020. Picchi giornalieri del 30% in meno e successivo incremento delle emissioni a maggio. Quando le restrizioni alla mobilità e alle attività industriali sono state parzialmente rimosse.
A tre anni esatti dall’annuncio del primo lockdown in tutta Italia (9 marzo 2020), è questo il bilancio dello studio ENEA sugli effetti della “chiusura totale” sulla qualità dell’aria con focus su Roma.
I dati sulle emissioni
Complessivamente, nel periodo preso in considerazione (febbraio-maggio 2020), a subire il maggior calo sono state nell’ordine le emissioni di ossidi di zolfo, ossidi di azoto, composti organici volatili non metanicie monossido di carbonio. Mentre il particolato PM2.5 è sceso di appena il 2%, a causa del maggiore utilizzo del riscaldamento domestico alimentato a legna e pellet.
Per quanto riguarda il particolato PM10, ad aprile 2020 (l’intero mese in cui erano in vigore tutte le più stringenti misure del lockdown nazionale), si è verificata una generale riduzione delle concentrazioni. Con un calo maggiore registrato nella Pianura Padana.
Per quando riguarda lo smog nelle altre aree del Paese invece, la differenza è stata molto meno pronunciata. Tranne in alcune grandi aree urbane come Roma, dove il calo del particolato ha raggiunto una media di 2-4 microgrammi/m3 con picchi di riduzione delle concentrazioni superiori anche a 6 microgrammi/m3 in centro città.
Le emissioni di ossidi di azoto si sono ridotte principalmente nel trasporto su strada. A seguire il settore marittimo, della produzione di energia e aereo. Mentre gli ossidi di zolfo si sono ridotti soprattutto nelle attività industriali. La più alta riduzione delle concentrazioni di biossido di azoto è stata rilevata nelle grandi aree urbane come Roma, Torino, Milano e Napoli. Lungo i principali assi viari autostradali e nella Pianura Padana, considerata un hot-spot dell’inquinamento atmosferico in Europa.