La Pinacoteca Nazionale di Sassari presenta ufficialmente al pubblico i “Pupazzi” dell’artista sassarese Eugenio Tavolara.
I “Pupazzi” di Eugenio Tavolara sono patrimonio della Pinacoteca Nazionale di Sassari. Entrano nella collezione permanente grazie alla donazione della famiglia Giagu, in ricordo di Nella e Nino Giagu. Il direttore della Direzione Regionale Musei Sardegna, Luana Toniolo e la direttrice della Pinacoteca, Maria Paola Dettori, nella Pinacoteca Nazionale di Sassari, presentano le trenta opere dell’artista sassarese Eugenio Tavolara.
Un giusto riconoscimento, nel sessantesimo anniversario della morte di Eugenio Tavolara, ad una delle personalità più rilevanti del panorama artistico sardo del Novecento. Sfilano di nuovo tutti insieme. Li chiamano giocattoli, pupazzi o bambole, ma in realtà sono un popolo sardo fatto di legno con l’abbigliamento tradizionale curato nei minimi dettagli, perché Eugenio Tavolara si rivolgeva a sarte e ricamatrici per “vestire” le sculture con stoffe e pizzi.
I “Pupazzi” tra Futurismo e tradizione sarda
I “Pupazzi”, che nei loro movimenti ricordano quelli robotici di un automa, rappresentano la trasformazione concreta, ed in senso identitario, di un concetto forte e nuovo del primo Novecento: l’uomo-macchina. Eugenio Tavolara, personalità attenta ed aperta alle tematiche futuriste, nonché sensibile all’importanza del giocattolo nella produzione industriale italiana, dà vita a un popolo di legno, abbigliato con gli abiti tipici della tradizione sarda.
Con quella felice unione tra arte e artigianato che è stato il tratto distintivo dell’opera del multiforme artista sassarese, giustamente considerato il padre del moderno artigianato artistico sardo. Fin da giovane Tavolara si distinse nelle arti figurative per le statuine in terracotta e i giocattoli di legno vestiti con abiti tradizionali, che incominciò a creare con Tosino Anfossi, altro artista sassarese che egli conobbe a Cagliari, col quale fondò nel 1926 la società ATTE (acronimo derivato dalle iniziali dei loro nomi) che li portò a realizzare un grande progetto grafico per la creazione di arazzi e oggetti in legno e in cuoio.
I “Pupazzi” sono in tutto 30 tra uomini, donne, bambini, carretti, cavalli e buoi. Realizzati intorno alla metà del Novecento, quindi dopo la prima serie del 1930-32. Tavolara e Anfossi si dedicarono poi con passione soprattutto ai giocattoli e ai pupazzi, che ritenevano adatti non solo a guarnire i salotti ma anche a divertire i bambini. All’inizio vi furono difficoltà di carattere tecnico, ma vennero superate quando decisero di utilizzare una materia infrangibile come il legno. Impressero, quindi, alle sculture dal corpo perfettamente articolabile e con i volti burberi sintetizzati in poche linee angolose e quadre, leggermente caricaturali, un’espressione che ricorda quella dei pastori barbaricini, vestendole con costumi riprodotti con fedeltà non solo nelle stoffe, ma anche nei dettagli.
Il successo a Firenze, Milano e Parigi
Sono collocati per ora in due distinti cortei di due teche nel secondo piano della Pinacoteca Nazionale di Sassari. In un futuro prossimo, si pensa però a una sistemazione in un’unica teca. Grande fu il loro successo quando a Firenze, Milano e Parigi apparvero quei barbuti pastori della Barbagia vestiti di pelli e stoffe colorate, e quelle piccole donne che andavano alla fonte con l’anfora sulla testa. Ma dopo qualche tempo le strade dei due artisti si divisero, ognuno perseguendo concezioni diverse. Anfossi perseverò nel tipo da lui per primo ideato, creando centinaia di figurine con quell’abilità che consisteva non solo nel riprodurre a meraviglia tipi e costumi della Sardegna, ma soprattutto cogliendoli nei loro atteggiamenti più caratteristici.
Sono entrati nel patrimonio della Pinacoteca di piazza Santa Caterina, come detto, grazie alla donazione della famiglia Giagu. Come hanno spiegato i figli di Nella e Nino Giagu, Giovanni, Maria Antonietta e Paolo Antonio: «Non aveva senso dividerli fra noi tre, anche se ci siamo cresciuti con questi pupazzi. Questa donazione sarebbe piaciuta molto ai nostri genitori. L’idea ci è venuta quando abbiamo visto alcune sculture di Tavolara qui in Pinacoteca e abbiamo pensato che erano poche». Sino a ieri infatti il museo aveva solo due gruppi per un totale di sette figure: la famiglia di Nuoro e i tre cantori di Fonni.
Ricorrono i 60 anni della morte di Eugenio Tavolara
La direttrice della Pinacoteca Maria Paola Dettori ha raccontato: «Sicuramente sono stati acquisiti dalla famiglia Giagu in momenti differenti, tra il 1945 e gli anni ‘50 come si può notare anche dalle diverse fattezze di alcuni personaggi che mostrano un viso dai lineamenti più stilizzati. La donazione arriva poi nel momento più opportuno perché ricorrono i 60 anni della morte di Eugenio Tavolara».
“Tavolara – afferma la ex-direttrice della Pinacoteca Giannina Granara – ci lascia una grande eredità e un vivace tratto degli anni in cui tra gli artisti isolani ci fu un fermento che segnò un importante momento di svolta nell’arte della nostra isola”.
Alla presentazione è intervenuta anche la direttrice della Direzione Regionale Musei Sardegna, Luana Toniolo, che ha anticipato: «Questa acquisizione entra nel progetto di ristrutturazione del secondo piano che partirà tra breve. Sarà dedicato agli artisti sardi del ‘900 e proporrà una nuova veste grafica».