Martedì 28 marzo h 21 a Sassari e da mercoledì 29 marzo a domenica 2 aprile a Cagliari
Incontro con le artiste: giovedì 30 marzo alle 17.30 nel Foyer del Teatro Massimo di Cagliari, Maria Paiato, Mariangela Granelli e Ludovica D’Auria – interpreti di “Boston Marriage” di David Mamet – raccontano lo spettacolo, con una riflessione sulla drammaturgia contemporanea e sul rapporto fra teatro e società – conduce Eva Garau (ricercatrice di Storia Contemporanea presso l’Università di Cagliari).
“Boston Marriage” di David Mamet tra Cagliari e Sassari
Donne allo specchio, tra ironia e passione, con “Boston Marriage” di David Mamet, nell’allestimento del Teatro Biondo Palermo e CTB / Centro Teatrale Bresciano, con due protagoniste del calibro di Maria Paiato e Mariangela Granelli, insieme con Ludovica D’Auria, per la regia di Giorgio Sangati in cartellone martedì 28 marzo alle 21 al Teatro Comunale di Sassari e da mercoledì 29 marzo fino a domenica 2 aprile al Teatro Massimo di Cagliari sotto le insegne della Stagione 2022-2023 de La Grande Prosa del CeDAC Sardegna.
La commedia
Una commedia brillante, incentrata sull’incontro tra Anna e Claire, due dame della buona società, che si rincontrano a distanza di tempo, in passato legate da una relazione sentimentale, sullo sfondo dell’America di fine Ottocento. così che una semplice visita di cortesia si rivela invece densa di sottintesi, ciascuna cela dietro la maschera dell’educazione dell’imperturbabilità pensieri, intenzioni e desideri segreti, ma che via via affiorano mettendo in risalto il temperamento differente e le aspettative rispetto a quel rito mondano, trasformato in cartina di tornasole per le passioni che le animano. La conversazione, pur nello stile affettato dell’epoca, assume ben presto un ritmo più animato, mentre emergono le ragioni e i desideri dell’una e dell’altra, tra nuovi e antichi contrasti, in un susseguirsi di colpi di scena che coinvolgono anche la giovane cameriera, con finale a sorpresa.
L’origine del titolo
La pièce del drammaturgo, sceneggiatore e regista americano, Premio Pulitzer nel 1984 oltre alle varie nominations agli Oscar, trae il titolo dall’espressione usata nel New England tra XIX e XX secolo per definire una convivenza tra due donne, economicamente indipendenti e libere dall’influenza maschile. “Boston Marriage”, ovvero “matrimonio bostoniano”, indica infatti una unione riconosciuta, anche se solo ufficiosamente, che anticipa la possibilità di celebrare un matrimonio tra persone dello stesso sesso, ormai diffusa in Europa e oltreoceano, innegabile conquista di civiltà della nostra epoca, in cui però l’omosessualità resta un tabù in varie regioni del mondo, osteggiata e negata in seno alla cultura patriarcale. Un’opera divertente e attuale, che offre interessanti spunti di riflessione sulla condizione femminile e sulla parità, ma anche sulle differenze di classe, sull’ipocrisia e le convenzioni e sulla possibilità di seguire le proprie inclinazioni, in amore come nella vita.
Il cast
Viaggio nell’America di fine Ottocento con “Boston Marriage” di David Mamet (nella traduzione di Masolino D’Amico) con Maria Paiato e Mariangela Granelli nei ruoli delle due protagoniste, Anne e Claire, accanto a Ludovica D’Auria, per la regia di Giorgio Sangati, nella nuova produzione del Teatro Biondo di Palermo e CTB/Centro Teatrale Bresciano (in accordo con Arcadia & Ricono Ltd, per gentile concessione di A4 Artists Agency).
L’ambientazione e la vicenda
In una sorta di microcosmo al femminile, in cui si svolge la vicenda, ovvero la lussuosa ed elegante dimora di Anne, che ha trovato un uomo ricco disposto a mantenerla e grazie alla protezione di costui vorrebbe riprendere in casa con sé Claire. Quest’ultima ha ben altro per la testa e vorrebbe persuadere l’amica e antica amante a sostenerla nei suoi progetti, la questione dell’esistenza dell’amore tra due donne non si pone affatto, semmai si discute, sia pure tra le righe, su quali possano essere gli elementi che fanno nascere e nutrono questo sentimento arcaico e potente, che governa il mondo, quali siano le regole dell’attrazione e sulla necessità di conciliare il fuoco della passione con l’affetto e la stima reciproca. In questa cornice raffinata, tuttavia, le due protagoniste si scontrano, dimenticando a tratti le norme dell’etichetta per lasciarsi trascinare dalla discussione, portando avanti ciascuna i suoi ragionamenti.
Le personalità delle protagoniste
Via via emergono più chiaramente le personalità, quella apparentemente più distaccata e abile nel costruire le sue strategie di Anne e quella più impetuosa e istintiva di Claire, che cerca di persuadere l’altra a assecondarla, in un “conflitto” di interessi in cui si inserisce, in un divertente gioco delle parti, la giovane cameriera, nei cui confronti resiste nonostante tutta la modernità dei personaggi il confine invisibile di una differenza sociale.
Lo stile di “Boston Marriage”
“Boston Marriage” – con scenografie di Alberto Nonnato, costumi di Gianluca Sbicca e disegno luci di Cesare Agoni – è uno spettacolo divertente e avvincente, ricco di colpi di scena, in cui David Mamet come in un esercizio di stile si ispira al registro linguistico e ai toni affettati nel costruire un dialogo tra signore del bel mondo, che si fa via via più vivace e trascende le forme, lasciando trapelare la verità.
Il linguaggio, il non-detto, l’allusione
«Voce tra le più rappresentative della scena americana» – si legge nelle note – «David Mamet ci consegna un piccolo capolavoro teatrale che strizza l’occhio agli esperimenti brillanti di Tennessee Williams, ma, soprattutto, all’Importanza di essere Franco di Oscar Wilde. Prendendosi una vacanza dalla gravità e concedendosi il lusso del gioco, Mamet eleva a protagonista assoluto, insieme alle interpreti, il linguaggio e, di contro, il non-detto, l’allusione, la stravaganza, il paradosso. Mamet si diverte a parodiare la prosa ampollosa dell’epoca, ma dietro l’apparente assurdità si nasconde l’intento ambizioso di rovesciare la realtà attraverso uno scherzo, che mira a creare anche un po’ di raffinatissimo scandalo. Qui sta il senso anche “politico” di un testo che divertiva e stupiva insieme il pubblico americano del 1999».