Salvatores, Servillo e Bentivoglio ricreano le atmosfere felliniane nella loro ultima opera: Il ritorno di Casanova
Intimo come un noir, dove l’immaginazione del nostro protagonista, il regista Leo Bernardi, interpretato da Toni Servillo, diventa concreta e prende colore, solo sulla pellicola. La vita vera, invece, viene trasmessa con un bianco e nero intenso. Al di là delle differenze cromatiche le due storie raccontate nell’ultima fatica di Gabriele Salvatore, Il ritorno di Casanova, sono intersecate con parallelismi sentimentali tra Leo e il protagonista della sua ultima opera, appunto Casanova interpretato da Fabrizio Bentivoglio.
La vita è in bianco e nero, il cinema è colore. La vita è triste affidata domotica ribelle e Giacomo Casanova anticipa la domotica cercando di rendere suo servo chiunque incontri.
La regia di Gabriele Salvatores si affida tantissimo alla sospensione dell’incredulità, servendosi di fraintendibili flashback e immaginazioni di Leo, regista alla ricerca dell’ispirazione coinvolto a realizzare una pellicola che parli del trascorrere del tempo.
In Il ritorno di Casanova abbiamo anche il confronto con le nuove leve. Registi giovani col passo più veloce della vecchia guardia. Leo, tra l’altro, è zoppo, artisticamente, nel confronto con il cinema più fresco, ma anche nella quotidianità. Scricchiola anche la sua relazione con una giornalista cinematografica, o, meglio, una blogger. Leo rincorre una forma fisica e mentale che cerca di raggiungere con allenamenti di cyclette e scherma (disciplina con la quale si serve anche per intimorire i giornalisti che lo perseguitano).
Su un binario Leo, e Casanova sull’altro, paralleli e inscindibili, complementari ma non miscibili. Una ragazza, Silvia, attanaglia Leo. Una potenziale comparsa per il suo Casanova, così come Casanova prova attrazione per Marcolina.
Marcolina e Silvia, entrambe ragazze dalla mente acuta e di principio proprio, determinate, fanno breccia nelle armature rispettivamente di Casanova e Leo. Entrambi gli uomini, nonostante l’età matura, non riescono a trovare una collocazione né per i sentimenti che provano per le ragazze, né per se stessi, in un’ottica di coppia.
“Non è una donna”, pensa Casanova di Marcolina, “sarà una studiosa una scienziata una politica, ma non è una donna”.
“Ne resterà soltanto uno” diceva Kurgan all’Highlander Connor MacLeod e la dicotomia tra Casanova e Leo sembrerebbe presagire lo stesso destino per l’autore e il suo personaggio, complice anche la già citata domotica, sensibile e ribelle, in qualche modo vulnerabile alle fratture mentali di Leo, al punto che Leo non è sostenuto dalla tecnologia. La sua stessa casa domotica si ribella alla malinconia dell’autore.
Malinconia che porterà Leo alla perdita dell’interesse per il proprio film, sebbene sia atteso al Festival di Venezia e dalla stampa, che nel frattempo lascia scemare l’attenzione nei confronti del regista, perso tra le turbe sentimentali e crisi di ispirazione.
Con Il ritorno di Casanova Salvatores mira in qualche modo a realizzare un ritratto biografico, ma quest’opera è anche una meditazione sull’invecchiamento e sul desiderio di lasciare un segno duraturo.