“FATE PRESTO”! Due parole che rimbalzano nella memoria ad un titolo di un giornale e al conseguente ricordo di una data e di un evento. Il ricordo del terremoto
“FATE PRESTO”! Un urlo che scosse il mondo. Così il 26 novembre 1980, tre giorni dopo il terribile terremoto dell’Irpinia, Il Mattino titolò la prima pagina del suo giornale e quel titolo è e resta un simbolo profondo. In due sole parole era condensato il senso profondo della tragedia, della necessità di salvare vite umane, intercettare respiri sotto le macerie, canalizzare aiuti.
Quando non vi era ancora una vera e propria macchina di Protezione Civile e l’ingranaggio dei soccorsi era lento, caotico, precario. FATE PRESTO fu un’ineguagliabile sintesi titolistica che scosse la lenta e farraginosa macchina dei soccorsi dello Stato. Un’insopportabile disorganizzazione che indignò l’allora presidente della Repubblica, Pertini, che vide la devastazione e ascoltò il grido di dolore delle popolazioni.
La natura aveva dato sfogo al malessere che covava dentro, sottoterra, lungo la dorsale appenninica, sconvolgendo le vite e l’urbanistica dei paesi dell’osso, portando morte e distruzioni che avrebbero dispiegato effetti, e ancora li tastiamo con mano, per decenni.
Magnitudine
Il 23 novembre 1980 un terremoto di magnitudo 6.9 colpisce una vasta area della Campania, della Basilicata e marginalmente della Puglia, causando 2734 vittime. A riportare gravi lesioni sono complessivamente 688 comuni, metà dei quali registra la perdita dell’intero patrimonio abitativo. Le scosse sismiche innescano anche numerose frane, alcune delle quali imponenti, come quelle di Calitri, Caposele, Calabritto e Senerchia.
Le linee elettriche e telefoniche saltano e le comunicazioni tra le zone terremotate e il centro si interrompono. La circolazione ferroviaria si arresta completamente e la penisola rimane tagliata in due. La situazione è ulteriormente aggravata dalla popolazione che, in preda al panico, cerca di fuggire bloccando le principali arterie stradali. La gestione dell’emergenza è caratterizzata da notevoli difficoltà e ritardi. I primi soccorsi risentono della totale mancanza di coordinamento: volontari, strutture regionali e autonomie locali si mobilitano spontaneamente senza aver avuto indicazioni e precisi obiettivi operativi dal Ministero dell’Interno.