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Cagliari 1943: la guerra dentro casa

Al Teatro Massimo di Cagliari in scena domenica 14 maggio “Cagliari 1943: la guerra dentro casa”

Viaggio nella storia del Novecento con le immagini terribili dei bombardamenti sulla città in “Cagliari 1943: la guerra dentro casa”. Con drammaturgia e regia di Pierpaolo Piludu, una produzione del Cada Die Teatro e della Scuola di Arti Sceniche La Vetreria. In cartellone domenica 14 maggio alle 20.30 al Teatro Massimo di Cagliari (con due matinées per le scuole lunedì 15 e martedì 16 maggio alle 11). Per il nuovo appuntamento con “Pezzi Unici” / Rassegna Trasversa organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna.

In occasione dell’ottantesimo anniversario di quell’anno tragico in cui persero la vita oltre mille persone nel capoluogo, tra febbraio e maggio, le repliche dello spettacolo. Precedute dalla proiezione di una versione breve del documentario “Quando scappavamo col cappotto sul pigiama” prodotto dalla sede Rai della Sardegna. Con la regia di Pierpaolo Piludu e Cristina Maccioni, quasi in coincidenza con la ricorrenza del 13 maggio 1943, quando una nuova serie di raids si abbatté sulle rovine della capitale dell’Isola. Acquistano un particolare valore simbolico, per commemorare le vittime e come monito contro l’inciviltà e la barbarie di ogni guerra passata, presente e futura.
La pièce – esito scenico di un laboratorio teatrale per adulti – si ispira ai racconti e alle testimonianze dei protagonisti, oltre che alle fotografie e ai filmati, ai documenti e alle cronache dell’epoca come alle ricostruzioni degli studiosi, per rappresentare una delle pagine più tragiche del secondo conflitto mondiale, con le conseguenze delle incursioni aeree sui centri abitati. Decine e decine di morti e feriti, corpi straziati di donne e uomini, vecchi e bambini recuperati tra le macerie, dopo la distruzione di edifici pubblici e privati. Case e chiese, ville e palazzi e obiettivi “strategici” come stazioni, porti e aeroporti, ma anche scuole e ospedali, un prezzo terribile per la vittoria.
“Cagliari 1943: la guerra dentro casa” con disegno luci di Giovanni Schirru e suono a cura di Matteo Sanna. Realizzazione elementi scenografici di Riccarda Curreli, Mario Madeddu, Massimo Pisano e Marilena Pittiu. E realizzazione costumi di Albina Dessì e Antonella Matta, allestimento di Emiliano Biffi e Giorgio Sitzia. Foto di scena e riprese video di Tonino Pisu (assistente alla regia Massimo Pisano, assistente di scena Franzisca Piludu). Rievoca i momenti drammatici in cui l’eco di combattimenti oltremare, con le notizie dai vari fronti militari, si trasforma nel rombo degli aerei in procinto di sganciare i loro micidiali ordigni, per mietere vittime tra gli abitanti del capoluogo dell’Isola.
Sotto i riflettori gli attori della Scuola di Arti Sceniche La Vetreria: Rita Anedda, Clara Belfiori, Salvatore Cao, Patrizia Congia, Riccarda Curreli, Doriano Ferrari, Giannella Manca, Paola Ferro, Carlo Onnis, Angela Palmas, Rosalba Palla, Maria Antonietta Pinna, Susanna Pinna, Massimo Pisano, Rita Safina, Ines Sanna, Daniela Scotto, Carlo Sorresu, Mariella Vella e Ida Ximenes. Interpretano le bambine e i bambini, alunne e alunni di una terza elementare, che vivono il trauma della perdita dell’infanzia e della fine dell’innocenza tra spaventose esplosioni. Nel giorno indimenticabile in cui si sono ritrovati, giovanissimi ad affrontare “la guerra dentro casa”. (La poesia “Cagliari, 28 febbraio 1943” è di Luigi Cioffi.)
In “Cagliari 1943: la guerra dentro casa” Pierpaolo Piludu si affida alla memoria individuale e collettiva, ridà voce ai piccoli “figli e figlie della lupa”. In quanto ipotetici discendenti dei gemelli Romolo e Remo e quindi legati al mito sulla fondazione dell’Urbe, ovvero Balilla e Piccole Italiane. I quali ignari di tante responsabilità subiscono a malincuore la disciplina scolastica e si scatenano nei loro giochi infantili.

Le regole sono rigide e i castighi severi, ma non riescono a tenere a freno la loro naturale vivacità. «Anche se ogni giorno la maestra li mette in punizione con le ginocchia sui ceci, preferiscono giocare a tzacca e poni o con le cerbottane. Piuttosto che imparare a memoria le frasi del Duce! Sembra non si preoccupino tanto neanche della guerra…». La spensieratezza in quei giorni cupi, nonostante le ansie e le preoccupazioni degli adulti, colora di serenità e perfino di allegria le ore di lezione e i momenti di ricreazione. Sono troppo giovani per comprendere e temere la gravità dell’imminente catastrofe. Tanto che «all’inizio anche il suono degli allarmi e la corsa verso i rifugi sembrano quasi un gioco. Sino a febbraio del 1943…».
I primi bombardamenti colsero di sorpresa gli abitanti della città, la decisione sciagurata di colpire le popolazioni inermi. Più volte messa in atto durante la seconda guerra mondiale, oltre alla devastazione del tessuto urbano, di cui resta ancora tracce riconoscibili, ha causato lutti e tragedie. Con lo sfollamento di gran parte della popolazione, di cui molti imasti senza casa, verso le zone interne, lontane dai porti e da altri eventuali obiettivi militari. La paura e la disperazione non hanno però impedito, neppure in quel tremendo 1943, lo scioglimento del voto a San’Efisio. Su un camioncino invece che sul tradizionale cocchio, con i fedeli in processione. In un atto di devozione religiosa in contrasto con l’efferatezza del conflitto bellico.
Il gioco delle armi, in un’Europa stravolta dalla guerra, ha raggiunto anche la Sardegna, definita “portaerei del Mediterraneo” e sicuramente in posizione strategica. Ma non certo teatro di importanti operazioni e ben lontana dalla linea del fronte. Cagliari è stata tra le città maggiormente danneggiate e il tessuto urbano reca ancora i segni di quelle “ferite”. Insieme ad altre più gravi restano impresse nella mente dei testimoni e di coloro che solo per caso o per fortuna si salvarono, per non parlare del sacrificio in termini di vite umane, traumi e mutilazioni, benché in quel macabro conto non ci siano vincitori, ma solo vittime.
Pur con il peso di una memoria dolorosa, nell’essenzialità di una scrittura scenica rigorosa e sapientemente orchestrata, è «un’opera bella da seguire sulla scena». Ha scritto su La Nuova Sardegna il critico Walter Porcedda. «Popolata da attori-non attori (uomini e donne anche molto avanti negli anni) serissimi nei loro ruoli». La pièce . (…) «è non solo uno straordinario documento di vita, ma un colorato affresco di umanità. Un forte esempio di scena popolare — scelta coraggiosa sulla quale i Cada Die fanno da battistrada anche in Italia — dove la professionalità dei teatranti viene messa a disposizione di uomini e donne che sul palcoscenico ritrovano loro stessi regalando a chi assiste emozioni e memoria collettiva. Un bell’esempio di teatro civile».

About Nicola Melas

Studente di lingue e comunicazione. Appassionato di sport e di giornalismo sportivo, con un interesse particolare verso il calcio.

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