The Boogeyman diretto da Rob Savage propone in sala un uomo nero non poi così spaventoso
The Boogeyman, non direste mai sia tratto da un racconto del maestro Stephen King (precisamente Il baubau), dove il King offre la sua versione dell’uomo nero. Ma con la regia di Rob Savage, la sceneggiatura di Scott Beck, Bryan Woods e Mark Heyman, l’uomo nero diThe Boogeyman, non avremmo mai creduto che sarebbe potuto essere così prevedibile.
The Boogeyman ha come protagoniste le sorelle Sadie e Sawyer Harper, interpretate da Sophie Thatcher e Vivien Lyra Blair, insieme a Chris Messina nel ruolo del loro padre, il Dottor Will Harper. I tre personaggi sono concentrati in un atmosfera cupa e silenziosa, frutto dell’elaborazione del lutto che vivono a seguito della morte della madre.
Ciclicamente, con l’arrivo dell’estate, abbiamo a che fare con gli horror che conquistano gli schermi delle sale cinematografiche. Raramente ci troviamo davanti a horror indimenticabili e sempre più spesso sequel e spin off di titoli già acclamati, qualcuno più o meno interessante di qualcun altro. In questo caso, The Boogeyman si colloca tra i titoli che sanno raccontare a chiare lettere una storia ma risulta debole proprio in ciò che un horror promette di essere.
La ricerca dell’atmosfera, sicuramente suggestiva e sofisticata, costruita a dovere e sapientemente, si dissolve nel momento in cui lo spettatore attende il culmine della parabola emotiva. Lo spavento e lo stupore si fanno attendere invano, anche nel momento in cui l’uomo nero è smascherato e rivelato nella sua essenza di carnefice. Lo jumpscare, altra arma a disposizione, qualora non funzionasse la pressione psicologica, è “telefonato”. Anch’esso ben costruito, puntuale, proprio quando lo si aspetta. Il timing emozionale, non è certamente una virtù degli autori. Non vi è alcun effetto sorpresa.
Un gran peccato, perché The Boogeyman, l’oscura creatura che si aggira nell’ombra di ogni ripostiglio è ben realizzata e repellente alla vista, ma allo stesso tempo ci si abitua facilmente, perché, assaggio dopo assaggio, come ogni paura che scompare, anch’essa diventa una normalità.
In aggiunta, il mondo “orrorifico” raccontato, possiede grandi lacune di logica e coerenza, che sono i punti deboli più facilmente individuabili nel genere. Non parliamo di buchi di trama, ma di vere e proprie ovvietà, che non potrebbero esistere anche al di là della finzione narrativa alla quale non possiamo che affidarci come spettatori. Cliché del genere horror, comuni in tutti i film, e che sono accettabili in un b-movie che sa di essere tale, ma non in questo caso, dove sono chiare le ambizioni, autoriali, tecniche ed espressive della pellicola, ma che non riesce fino in fondo nel suo intento, anche per via di banalità che, tirando le somme, risultano pesanti.
Peccato, invece, per gli interpreti. Funzionali e affiatati sulla scena, in particolar modo le due giovani protagoniste, artefici di una sorellanza efficace e credibile. Capaci di coinvolgere lo spettatore e renderlo partecipe all’interno della storia. Due ragazze ben al di sopra del contesto in cui sono state inserite e che avrebbero meritato una pellicola degna di essere ricordata così come aspirava ad esserlo.