Interessante studio scientifico su Parkinson e demenza
Una ricerca guidata dal Cnr-Ibbc in cooperazione con Tigem, Irccs San Raffaele e Università Cattolica, ha chiarito che la presenza nel mesencefalo di una particolare proteina dedicata nella patologia di Parkinson determina un declino cognitivo progressivo simile alla demenza, che non si manifesta invece se la malattia ha genesi nell’ippocampo. Lostudio è stata pubblicata su Nature Parkinson’s disease NPJ
I problemi correlati a questa malattia
La malattia di Parkinson è conosciuta per le problematiche motorie causati dal decesso dei neuroni che fabbricano la dopamina a livello del mesencefalo. Tuttavia, spesso questa malattia si collega anche alla presenza di allucinazioni o di difetti di memoria, che possono in certi casi condurre all’insorgenza della demenza. Le mancanze di memoria che sono presenti nella patologia di Parkinson e nella demenza a corpi di Lewy sono legati all’accumulo di α-sinucleina, una molecola solitamente presente nel cervello, ma che quando si accumula o si aggrega può condurre alla morte dei neuroni, in particolare dei neuroni che producono la dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nella motricità, nei procedimenti di tipo emozionale e cognitivi.
La precocità della malattia
Non tutti i problemi di memoria precoci giungono, però, in demenza: a volte spariscono, a volte si aggravano restando tuttavia sempre limitati al dominio della memoria, mentre in altri casi portano in demenza, arrecare il deficit di funzione nell’ inter campo del comportamento. Capire i procedimenti che riguardano queste dinamiche è dunque importante per conoscere la natura e il destino dei sintomi cognitivi precoci, per la loro importanza in ambito di prognosi nell’insorgenza della demenza e per intervenire tempestivamente con strategie terapeutiche riparative.
Le ipotesi messe in campo
In una ricerca condotta dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) dall’Irccs San Raffaele, dall’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) e dall’Università Cattolica e guidata da Elvira De Leonibus, studiosa del Cnr-Ibbc e del Tigem, e pubblicato su Nature Parkinson’s disease NPJ è stata verificata la possibilità che l’aggravamento correlato ai primi disturbi della memoria alla demenza possa provenire dal luogo di tipo celebrale di origine dell’α-sinucleinopatia, patologia legata al peggioramento dei problemi neurologici e all’accumulo non sano della proteina α-sinucleina nel sistema nervoso.
Le parole di un noto esperto a tal proposito
“Il cervello funziona in modo tale che le diverse aree cerebrali svolgono funzioni comportamentali generalmente distinte; ad esempio, l’ippocampo è importante per la formazione della memoria a lungo termine, mentre il mesencefalo regola tutte le funzioni motorie e motivazionali, grazie al rilascio del neurotrasmettitore dopamina. La demenza implica una compromissione della maggior parte delle aree del cervello”, afferma De Leonibus.
Le sue ulteriori dichiarazioni
“Utilizzando un modello murino in cui è possibile aumentare l’espressione della proteina che si ritiene all’origine dei sintomi cognitivi in modo selettivo, ossia in specifiche aree del cervello, abbiamo osservato che quando l’α-sinucleinopatia ha origine nell’ippocampo provoca l’insorgenza precoce di specifici difetti di memoria e sinaptici; tuttavia, questi sintomi cognitivi rimangono stabili per mesi e non si associano a neurodegenerazione. Al contrario, quando l’α-sinucleinopatia ha origine nel mesencefalo provoca deficit sensomotori precoci, seguiti, mesi dopo, da un’insorgenza tardiva di deficit di memoria dipendenti dall’ippocampo. Si evidenzia, dunque, un quadro di compromissione comportamentale generalizzata, simile a quello della demenza umana”.
Cosa propongono gli esiti
I risultati ottenuti propongono perciò rilevanti prove di tipo funzionale.
Le conclusioni dell’esperta a tal proposito
“La ricerca condotta dimostra che l’α-sinucleina patologica avviata in diverse aree cerebrali porta all’insorgenza di difetti comportamentali diversi, con una progressione differente, a seconda di quanto la regione cerebrale sia collegata strettamente con le altre. Le aree maggiormente connesse, come il mesencefalo, potrebbero rendere più facile la trasmissione della malattia alle altre aree del cervello e, quindi, favorire la perdita, non di una, ma di più funzioni cerebrali come avviene nella demenza”, termina la studiosa.