“Prometeo” di Eschilo con la regia di Gabriele Vacis andrà in scena giovedì 6 luglio alle ore 21 a Sassari e venerdì 7 luglio alle ore 20 al Teatro Romano di Nora
“Prometeo” di Eschilo, lo spettacolo di Gabriele Vacis e Roberto Tarasco andrà in scena giovedì 6 luglio alle ore 21 a Sassari e venerdì 7 luglio alle ore 20 a Pula. L’opera di Vecis “Prometeo” debutta giovedì 6 luglio sul palco di piazza Santa Caterina a Sassari per il cartellone dell’Estate 2023 firmato CeDAC Sardegna. Invece il 7 luglio al Teatro Romano di Nora, a Pula inaugura il XLI Festival “La Notte dei Poeti” l’intrigante rilettura della tragedia.
Gli interpreti che andranno in scena sono: Davide Antenucci, Andrea Caiazzo, Chiara Dello Iacovo, Pietro Maccabei, Eva Meskhi, Erica Nava, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti, Letizia Russo, Lorenzo Tombesi, Gabriele Valchera. La scenofonia è di Roberto Tarasco, il suono è di Riccardo Di Gianni e i cori a cura di Enrica Rebaudo.
Una moderna mise en scène facente parte della trilogia dedicata alla figura di Prometeo, simbolo della ribellione alla cultura dei padri e all’autorità. Gabriele Vacis sottolinea, «l’archetipo della conoscenza tecnologica e scientifica liberata dalle catene della superstizione e dell’ignoranza». E continua «“calarsi” nel sentimento tragico che l’opera eschilea propone, mettendo a punto una lingua che preservi la “solennità” dei millenni ma che renda comprensibile al pubblico di oggi il senso».
Visioni di un mondo aurorale tra lo scontro tra dèi e titani e la nascita dell’umanità. Opera tratta dalla celebre tragedia di Eschilo riletta con sensibilità contemporanea. Organizzato dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna e del Comune di Pula e con il contributo della Fondazione di Sardegna.
il “Prometeo incatenato” (Προμηθεὺς δεσμώτης) di Eschilo è al centro della trilogia comprendente il “Prometeo liberato” e il “Prometeo portatore del fuoco”. La tragedia è stata rappresentata per la prima volta ad Atene intorno al 460 a.C.. L’opera racconta la crudele punizione di colui che diede agli uomini la speranza a fronte della paura della morte, risvegliando il pensiero e la coscienza. Vuole insegnare la scrittura e l’arte della medicina, oltre alla mantica per interpretare i segni e indovinare il futuro.
Dichiarazioni regista
«Abbiamo molte storie sulla nascita dell’uomo» sottolinea Gabriele Vacis. «Nella mitologia greca stessa non esiste un’unica storia. Una delle più accreditate racconta degli dei che avevano sconfitto i loro antenati, i titani. Quindi Zeus diventò il re degli dei, con l’aiuto di Prometeo. Prometeo è figlio di un titano, Giapeto e di sua sorella Rea, la generazione più antica, nata direttamente dal cielo e dalla terra. Prometeo però, presumibilmente, appartiene alla generazione di Zeus. Quindi è un giovane che si ribella ai suoi stessi genitori alleandosi con i suoi coetanei». In un’epoca remota, quando il cosmo è dominato da forze primordiali, si afferma la supremazia delle nuove divinità dell’Olimpo, nate dall’unione tra Rea e Crono, come narra Esiodo nella “Teogonia”. «Gli uomini non sono ancora stati creati» – prosegue il regista –. «Quando gli dei si rendono conto che non c’è un animale in grado di governare su tutti gli altri decidon o di creare l’uomo. L’incarico viene affidato a Prometeo, perché lui è “l’accorto”, quello che vede prima cosa succederà. Siamo proprio all’inizio, quindi. Quando gli dei sono nati da poco e gli uomini stanno per nascere. E’ un tempo giovane».
«La tragedia di Eschilo coglie il momento del conflitto tra Zeus e Prometeo, dopo che il figlio del titano ha protetto gli uomini, la sua creazione, dal dio capriccioso a cui gli uomini già non piacevano più, era geloso perché assomigliavano troppo agli dei. E come li protegge Prometeo? Donando loro il fuoco, cioè la tecnologia» afferma Gabriele Vacis. «Quando Zeus scopre che il suo amico gli ha rubato il fuoco per donarlo agli uomini si sente tradito e punisce Prometeo nel peggiore dei modi: lo spedisce ai confini del mondo, che per i greci era il Caucaso, e lo fa incatenare ad una rupe dove tutte le mattine un’aquila verrà a divorargli il fegato che ogni notte gli ricresce».
«Prometeo, simbolo della ribellione, è un personaggio che i giovani amano perché, come loro, non riesce a contenere i suoi sentimenti e la sua forza dei recinti stabiliti dalle convenzioni, quindi la sfida all’autorità costituita è la sua condizione vitale» ricorda Gabriele Vacis. Ma attraverso il suo consapevole sacrificio, Prometeo diventa sostiene Vacis «l’archetipo della conoscenza tecnologica e scientifica liberata dalle catene della superstizione e dell’ignoranza».
Nella versione del “Prometeo” Vecis si confronta con uno dei capolavori della storia del teatro. «Come sempre nei classici è facile ritrovare situazioni e problemi di oggi. Si dice che i classici sono attuali. Ma più che altro sono contemporanei. Spesso usiamo attualità e contemporaneità come sinonimi, ma attualità è stare in un solo tempo: adesso. Contemporaneità è riuscire a comprendere tutti i tempi». La pièce interpretata dai giovani attori di PEM parte dal “nucleo pesante” del dramma. E continua «“calarsi” nel sentimento tragico che l’opera eschilea propone, mettendo a punto una lingua che preservi la “solennità” dei millenni ma che renda comprensibile al pubblico di oggi il senso».