Davide Minella dirige una pellicola carica di domande, e le risposte sono tutte nelle mani della nostra Cattiva coscienza
Dare retta alla propria coscienza potrebbe essere più difficile di quanto si pensi. Ma chi si cela dietro la voce del proprio io più intimo? Questa è solo una delle tantissime domande che possiamo porci durante la visione del nuovo film di Davide Minella: Cattiva coscienza.
Dittatura morale oppure un consiglio può essere accettato o meno e può lasciare il tempo che trova. Da dove arrivano le lezioni che ci propone la vita?
La risposta a queste e altre domande, arriva dalla scrittura ispirata di Stefano Sardo e la regia fresca di Davide Minnella che insieme, offrono una storia che invita a pensare al prezzo della felicità.
Ma non la fai mai una cosa sbagliata? è la domanda che Filippo, il protagonista di questa storia, si sente porre dagli amici. Ma è anche giusto cogliere i passi falsi come esperienze di crescita. E i momenti di debolezza? Un serbatoio di esperienze inaspettate che portano a riflettere su di sé e che permette di avere a che fare con nuove occasioni di raggiungimento della felicità.
Infatti è proprio in un’occasione che nasce da un momento del genere che Filippo e Valentina (Matilde Gioli) si incontrano, scatenando, non solo, un colpo di fulmine, ma generando anche la rottura degli equilibri tra gli operatori delle coscienze umane, impersonati da Francesco Scianna e Caterina Guzzanti, rivali tra loro e con forti divergenze professionali.
Altro quesito posto nella pellicola: si può zittire una coscienza? I nostri protagonisti ci provano, sebbene poi si trovino a che fare con la personificazione della loro stessa voce e bussola morale della nostra anima.
Stefano Sardo, con la sua sceneggiatura, offre una brillante interpretazione di oroscopi, frasi motivanti e segnali del destino, inserendoli nel contesto cinematografico di Cattiva Coscienza, come strumenti della coscienza, utili a intensificare la nostra via retta.
La nostra coscienza è quindi un dittatore o un life coach? Essere felici vuol dire essere tristi? Per essere felici bisogna essere incoscienti? Bisogna necessariamente esagerare per essere felici? O forse abbiamo solo bisogno di qualcuno che sostenga il nostro naturale modo di essere.
Il fine giustifica i mezzi (?). Cosa siamo disposti a fare affinché i nostri piani si avverino? Dovremmo lottare con le nostre forze, per ciò che per noi conta davvero o forse è più facile fingere e pestare i piedi al prossimo o al rivale? Siamo accompagnati da una buona coscienza o una cattiva coscienza?
Come in ogni storia d’amore, abbiamo un finale ricco di suspence ed emotivamente coinvolgente, perché il viaggio è percorso da più eroi. Infatti, un punto a favore della scrittura di Cattiva coscienza è anche il fatto che più di un protagonista compie un arco di trasformazione. Oltre Filippo, anche “800.000.024” (Scianna) viene coinvolto emotivamente e sentimentalmente dagli eventi, in virtù del suo essere coscienza coraggiosa, poiché anche il (suo) destino ha il suo peso (per chi ci crede).
Guest Star: Francesco Motta presta il suo talento sia davanti alla macchina da presa, con un cameo, sia come autore della colonna sonora. Il background del protagonista è infatti il gruppo indie I figli della Luna, con il quale Filippo ha avuto un trascorso, prima di abbandonare il panorama musicale per dedicarsi al lavoro e alla fidanzata Luisa.
In conclusione il regista si serve delle parole di Moravia, per racchiudere l’essenza del suo film: La coscienza è paura, l’incoscienza è coraggio.