Piergiorgio Pulixi ha presentato martedì 5 settembre il suo nuovo romanzo “Stella di mare” presso la Fondazione di Sardegna a Cagliari.
Lo scrittore Piergiorgio Pulixi ha presentato al pubblico cagliaritano il suo ultimo romanzo edito da Rizzoli “Stella di mare”, in vendita da oggi in tutte le librerie. Ha dialogato con l’autore Federica Musu.
Il titolo può strizzare l’occhio all’omonima canzone del cantautore bolognese, Lucio Dalla, oppure alla sacralità di una Madonna in mare che guida i marinai. Invece “Stella di mare” è un giallo, e come in ogni giallo che si rispetti c’è la sfida al lettore. Un’indagine che si rivela più difficile del previsto e che tende la mano a un quartiere difficile di Cagliari: Sant’Elia. Stella, trovata ammazzata e brutalizzata, era la speranza di quel borgo, era la ragione di vita dei suoi familiari: della nonna in particolare. Avrebbe potuto rappresentare il riscatto di una famiglia, di un quartiere da cui è difficile tirarsi fuori. Stella era il trait d’union tra il vecchio borgo e il nuovo, tra il vecchio e il nuovo mondo.
Ma l’incantesimo finisce prima che il sogno si realizzi, con un epilogo che Rosaria Nemus, nonna di Stella, non avrebbe mai voluto accogliere nel proprio cuore.
Rosaria Nemus
Rosaria è figlia di una sarta e sa rammendare le reti dei pescatori. Durante il giorno rammenda abiti, la sera rammenda reti.
“Aveva quell’arte nelle mani da quando aveva dieci anni: -a volte pregava sgranando piombi e sugheri- era un modo per allontanare il dolore”.
I pescatori la credono una strega buona, una bruxia. Le sue mani sono magiche e secondo la gente del luogo hanno una buona energia. Perciò le portano a casa le reti. I lupi di mare si rivolgono a lei. I vecchi pescatori che pagano a volte in denaro, a volte col pescato. Per onorare un mestiere antico ci vuole esperienza e quella stessa esperienza diventa espressione di una vita, il cui linguaggio è ruvido come la pelle cotta dal sale e da sole.
“Un nodo ogni sette maglie ripeteva, come un mantra”.
Ma quale futuro possibile attraverso le crepe di una storia che mette in luce la sofferenza di un intero quartiere, nato per la pesca per i suoi abitanti, trasfigurato dalla modernità in una succursale di delinquenti e traffici di droga?
Pappa e citti
Parallelamente alla tragedia, il racconto degli inquirenti che lascia intravedere l’oro tra quelle fessure. Come un unico ordito dove il bianco convive con troppo nero, le ombre e le luci che si intravedono dagli abitanti di quei luoghi troppo spesso lasciati a se stessi. Dopo tutto Rosaria Nemus (che in italiano significa nessuno) ha in se il valore della famiglia. Il suo codice linguistico è il sardo : parla soltanto in dialetto e invita il vicequestore Vito Strega a mangiare e a tacere ( pappa e citti).Rosaria usa le mani per cucire e per cucinare. Parla al mondo anche con azioni e parole che chiamano all’appello i cinque sensi. É una sinfonia di sensazioni e intuizioni ciò che succede in quel borgo, dove il maestrale detta le proprie regole in mare e in terra, quando qualcuno muore.
“La lingua è la carnalità di un territorio”.
La scelta dei registri linguistici da parte dell’autore è una lezione ereditata da Sergio Atzeni e Giorgio Todde. Il toscano, il veneto, il sardo convivono nell’intreccio di un unico romanzo.
Codici a cui diventa difficile sottrarsi e con cui bisogna fare i conti per sopravvivere al vecchio e abbracciare nuovi orizzonti. In fondo Cagliari potrebbe essere Marsiglia, oppure le banlieues di Parigi. E per contro l’esempio virtuoso di individui che lavorano, come Rosaria, persone che “si spaccano la schiena” per restituire dignità a territori sfortunati che vanno oltre i pregiudizi, oltre il degrado.
Sono tanti i temi che l’autore racconta attraverso le pagine di questo giallo che potremmo definire “noir”. Le periferie e un riscatto difficile da attuare anche per la meravigliosa Stella, che avrebbe potuto essere una nuova Caterina Murino ( anche lei caglairitana).
La giustizia e la verità sono gli altri due temi che Pulixi indaga con maestria, portando il lettore a riflessioni più che mai attuali e necessarie.
A sponsorizzare il festival itinerante (giunto all’undicesima edizione) dell’associazione Éntula la Fondazione di Sardegna che ospita l’evento nella sua sede cagliaritana di via Salvatore da Horta. La sala, cosi affollata tanto da contenere a stento il pubblico pronto a fare una fila interminabile per un firmacopie tanto atteso quanto irrinunciabile.