Scoperta resistenza immunoterapia tumori polmone; proteina hMENA attiva sensore virale, implicazioni nella medicina di precisione.
I ricercatori dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena (Ire) di Roma hanno scoperto un nuovo meccanismo di resistenza all’immunoterapia nel tumore del polmone. Questa scoperta, pubblicata sul ‘Journal for immunotherapy of cancer’, potrebbe permettere di identificare i pazienti che hanno maggiori probabilità di rispondere all’immunoterapia e aprire la strada a nuove terapie combinate più efficaci per gli altri.
Nel carcinoma polmonare, una proteina chiamata hMENA può esistere in due varianti: una svolge un ruolo anti-invasivo, mentre l’altra promuove la progressione del tumore. Lo studio ha dimostrato che una minore espressione della variante “buona” di hMENA attiva segnali simili alla presenza di un virus nella cellula tumorale. Questi segnali, a loro volta, stimolano la produzione di Interferone di tipo I, una delle principali citochine antivirali con effetti anti-tumorali. Tuttavia, la produzione continua di Interferone può causare un effetto paradossale che aumenta l’aggressività delle cellule tumorali e crea un ambiente favorevole alla resistenza all’immunoterapia.
Lo studio, finanziato dalla Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e condotto da Paola Trono e Annalisa Tocci presso l’Unità di Immunologia e Immunoterapia dell’Ire, ha coinvolto anche l’Ircss Ospedale San Raffaele di Milano e l’Irccs Istituto Clinico Humanitas. In Italia, il tumore al polmone è la seconda neoplasia più comune negli uomini e la terza nelle donne, con circa 41.000 nuove diagnosi nel 2020. Nonostante i progressi nella diagnosi precoce e nelle terapie, gli inibitori dei checkpoint immunitari hanno migliorato le opzioni di trattamento solo per una percentuale limitata di pazienti. Pertanto, è essenziale comprendere i meccanismi di resistenza per selezionare i pazienti adatti all’immunoterapia e sviluppare nuove terapie combinate per gli altri.
Parlano Nisticò e Trono
Paola Nisticò, direttrice dell’Unità di Immunologia e Immunoterapia dell’Ire, ha spiegato: “Il nostro gruppo di ricerca aveva precedentemente dimostrato che la proteina hMENA ha diverse forme proteiche, alcune delle quali regolano il citoscheletro, l’impalcatura proteica delle cellule. Due varianti di hMENA sono coinvolte nella progressione del tumore al polmone non a piccole cellule con funzioni opposte, una anti-invasiva e l’altra pro-invasiva. I pazienti senza la variante anti-invasiva di hMENA sono a maggior rischio di ricaduta e potrebbero beneficiare di terapie mirate dopo l’intervento chirurgico.”
Paola Trono ha aggiunto: “Nel nostro ultimo studio, abbiamo scoperto che la variante anti-invasiva di hMENA nella cellula tumorale attiva un sensore virale, che a sua volta induce la produzione di mediatori infiammatori che possono sopprimere il sistema immunitario. Abbiamo dimostrato che solo le cellule tumorali prive di questa variante proteica comunicano con i macrofagi, che sono coinvolte nei processi infiammatori, rendendo le cellule tumorali più aggressive.”
Infine, Paola Nisticò ha concluso: “Abbiamo validato sperimentalmente tutti i dati ottenuti in tessuti tumorali di pazienti trattati con inibitori dei checkpoint immunitari. Questi fattori, come l’espressione di hMENA anti-invasiva, l’Interferone di tipo I e la presenza di macrofagi, potrebbero rappresentare una nuova frontiera nella medicina di precisione per selezionare i pazienti idonei all’immunoterapia. I risultati ottenuti nella nostra casistica sono stati anche convalidati attraverso l’analisi computazionale su altre ampie casistiche di pazienti.” Gennaro Ciliberto, Direttore scientifico dell’Istituto Regina Elena, ha commentato che questi risultati sono un esempio dell’importanza della ricerca traslazionale e della collaborazione con i pazienti oncologici per una migliore comprensione dei meccanismi alla base della malattia.